Enrico Ruggeri: "Nel mio “Frankenstein” canto le nostre ossessioni"

Il musicista dedica un disco complesso al romanzo dell'orrore di Mary Shelley: "C'è tutta l'epoca in cui viviamo: diversità, ambizione, timore di invecchiare"

Enrico Ruggeri: "Nel mio “Frankenstein” canto le nostre ossessioni"

Lui ne parla come di una cosetta da niente, in realtà è un'idea mica male: registrare un album «concept» come ai vecchi tempi, diciamo gli anni '70. «Il progetto più complicato della mia vita», dice senza manco farselo chiedere. Proprio così: il nuovo disco di Enrico Ruggeri si intitola Frankenstein, include anche un volumetto scritto da lui («L'uomo al centro del cerchio») e il tutto è ovviamente ispirato al romanzo che Mary Shelley ha scritto quasi duecento anni fa. In poche parole, ogni canzone un capitolo. E la tensione non cala mai. Intanto il disco è uno dei migliori di Ruggeri da un bel po' di tempo in qua, fitto di chitarre taglienti, Moog rotondi e piani a puntine, bassi suonati con il plettro, insomma bel rock appena progressive. E poi occhio. Qui la nostalgia canaglia non c'entra: Frankenstein (libri e disco) sono molto più attuali di quel che sembrano. E, quando lui spiega il perché, le sue parole non fanno una grinza.

Intanto, caro Ruggeri, l'idea non le sarà venuta dal mattino alla sera.
«Per carità, ci ho pensato due anni fa dopo aver riletto il romanzo. E ho impiegato un anno a registrare le canzoni».

L'obiettivo?
«Non certo andare primo in classifica. Ma magari stimolare i miei fan a parlare di questo romanzo ai propri figli».

A proposito, la sua voce. Non c'è autotune (il software che regala intonazione anche a chi non ce l'ha).
«Macché, anzi. E mi sembra di aver anche recuperato qualche tono perso nel tempo, sarà che son tornato nell'atmosfera dei concept album che compravo da ragazzo».

Appunto, il concept.
«Il romanzo della Shelley parla della vita e delle ossessioni di oggi: le diversità, l'ambizione, la paura di imbruttire e invecchiare, la negazione della possibilità di morire. Infine la forza dell'amore».

Ossia?
«Quando il dottor Frankenstein rifiuta di costruire una “compagna” al suo “mostro”, scoppia un dramma ancor più lacerante. Anche sotto questo aspetto si coglie la sensibilità dell'autrice».

Amica di Lord Byron, moglie del visionario Percy Bysshe Shelley.
«Scrisse Frankenstein a vent'anni circa, piena di femminile consapevolezza della forza dei sentimenti».

Però non immaginava neppure cosa fosse il rock.
«Perciò in questo disco ho voluto dare tre chiavi di lettura a ciascuna canzone: la prima è proprio un tentativo di commentare in chiave rock il romanzo Frankenstein».

E le altre due?
«Ogni canzone è comunque un'opera a sé stante. Però ascoltandole tutte, una dopo l'altra, si possono capire i capitoli del mio romanzo».

Ruggeri, siamo nell'epoca dei brani usa e getta: il suo magari è un progetto troppo complicato.
«Sembra che spesso si sia tornati agli anni '60. Ma quando mi sono innamorato della musica non era così. Ossia nel periodo irripetibile di Selling England by the pound dei Genesis. O dei Roxy Music. Dischi monumentali da godere e capire».

Però rifare un concept album ai giovani adesso può sembrare troppo vintage.
«E invece mi accorgo che a tanti cresce la voglia di ascoltare i Led Zeppelin, oppure In Rock dei Deep Purple. In fondo chi l'ha detto che si debba ascoltare solo musica attuale. Con la letteratura ad esempio non funziona così: e se uno legge un libro dell'800 mica è vecchio per forza».

A proposito di riti e musica del passato, ha seguito il Concertone del Primo Maggio?
«La prima parte mi è sembrata la sceneggiatura della canzone Il complesso del Primo Maggio di Elio, che tra l'altro nel mio disco suona il flauto in due brani».

Poi il cantante dei Management del Dolore Post Operatorio si è tirato giù i pantaloni.
«Lo fece anche Jim Morrison. Ma il contesto era molto diverso».

Ruggeri, andrà in tour?
«Inizio con i club, come i Magazzini Generali qui a Milano il 13. Poi farò concerti con Ale Franz in luoghi particolari come le arene o il Vittoriale. Ci stiamo pensando su. Infine quest'inverno i teatri».

Ma scusi,

non si ferma proprio mai?
«Sono un decatleta, mica un centometrista. Mi piace variare: una volta ho cantato in Vaticano e poi, il giorno dopo, con il rockettaro indemoniato Pino Scotto. Perché avere limiti?».

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