Niekisch, che "straniero straordinario"!

Amico di Jünger, partecipò alla Rivoluzione conservatrice tedesca

Da qualche anno la rivalutazione di Ernst Jünger (1895-1998) ha comportato anche la riscoperta dei protagonisti della Rivoluzione Conservatrice tedesca. Ora è la volta di Ernst Niekisch (1889-1967), che con Jünger aveva animato il gruppo dei nazional-bolscevichi, che trovarono nella rivista Widerstand (1926-1934) di Niekisch, il loro organo di battaglia, che venne proibito dai nazisti. Tutto partiva da Monaco, al tempo della sconfitta e dell'umiliazione di Versailles che, piuttosto che una pace, costituiva la premessa per la ripresa del conflitto e sappiamo come è andata a finire.

Gli intellettuali della Rivoluzione Conservatrice si distinguevano per un'accigliata polemica anti-occidentale e un'attenta e motivata simpatia per la Russia, condivisa dal Thomas Mann delle Considerazioni di un impolitico, ma perfino da un poeta irenico come Rilke. Questa russofilia getta anche un po' di luce sulle ambiguità ancora serpeggianti nella politica tedesca. Certo il modello nazional-bolscevico si rivelò presto un «vicolo cieco» (così l'ha definito lo storico marxista Enzo Traverso).

Eppure se ci guardiamo intorno, di «vicoli ciechi» ce ne erano (e ce ne sono) tanti, come rievoca Gabrielle Guerra nel suo saggio su Ernst Niekisch, nel volume, a più voci, Stranieri straordinari. Figure dell'europeo tra le due guerre (Castelvecchi). Per Jünger e per Niekisch, così riassume Guerra: «La Germania, insomma, in quanto Land der Mitte (terra di mezzo), deve decidersi: o con l'Occidente liberale e corrotto (la civiltà franco-latina), o con l'Oriente slavo, tutto ancora da (ri)scoprire, ma segnato dalla vicinanza genetica all'essenza tedesca; un aut aut di cui Niekisch conosce fin troppo bene la risposta». Affiora l'immenso fascino per l'anima russa, quella eterna, sopravvivente ai regimi, che esercita(va) sugli intellettuali tedeschi, da Mann, a Rilke, a Jünger e soprattutto a Niekisch. Quell'anima russa, osserva sempre Guerra, che per gli intellettuali della Rivoluzione Conservatrice «proprio per le sue intime caratteristiche metafisiche e metapolitiche non è sottomessa ad alcuna cesura storica, tantomeno, ad esempio, tra Lenin e Stalin» (oggi diremmo: dagli zar a Putin e al patriarca Kirill).

La giustificazione teorica dell'anti-occidentalismo proveniva dal modello antropologico scoperto e costruito da Jünger con L'operaio del 1932, che costituiva l'antitesi del borghese occidentale e del sistema democratico. Il saggio ebbe un'ampia risonanza e venne recensito, con ammirazione, da Niekisch, il quale era diventato il punto di riferimento intellettuale della sinistra nazionalsocialista (c'è stata pure quella, fatta fuori da Hitler e dalle SS nella Notte dei lunghi coltelli a fine giugno 1934). A differenza di Jünger, Niekisch, molto spostato a sinistra, andò in esilio, ma poi rientrò ché non poteva stare lontano dalla terra tedesca, la sua. Arrestato, condannato all'ergastolo nel 39, sopravvisse alle torture e alla fine della guerra aderì al Partito comunista e alla Repubblica democratica tedesca, da cui però fuggì dopo la spietata repressione dell'insurrezione operaia del 1953.

Insomma un lottatore inflessibile che partecipava di quei destini di avventurieri e ribelli -come Ivan Goll, Boris Pasternak, Malaparte, Malraux e Jacques Rivière - esemplarmente rievocati tra gli

Stranieri straordinari (a proposito: di un altro «straniero straordinario», di Rilke, sempre Castelvecchi propone una nuova traduzione delle Elegie Duinesi a cura di Ulderico Pomarici, proprio a cento anni dalla prima edizione).

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