"La nostra canzone è un inno per chi vive sotto le bombe"

La band ucraina è la favorita per la vittoria: "Giusto che i russi non partecipino alla gara"

"La nostra canzone è un inno per chi vive sotto le bombe"

Torino. Stasera potrebbero vincere l'Eurovision e cantare l'orgoglio nazionale e la sofferenza del popolo ucraino davanti a 200 milioni di persone. Per la Kalush Orchestra sarebbe un trionfo che andrebbe ben oltre la musica, un sostegno universale al Paese invaso dall'esercito russo. A Torino martedì il PalaOlimpico ha tributato loro una standing ovation e il televoto li ha portati in finale. Il brano con cui gareggiano, Stefania, scritto per la mamma dal frontman, Oleh Psiuk, prima che scoppiasse la guerra, si è trasformato in un omaggio alle madri rimaste sotto le bombe a proteggere i figli e alla madrepatria in generale. Mix di rap, folk e hip hop, la canzone è una ninna nanna moderna, apprezzata da critici e pubblico.


Oleh, la Kalush Orchestra ha sulle spalle una responsabilità enorme.


«Certamente. Rappresentare l'Ucraina in questo momento è una grande responsabilità. E noi siamo un megafono per l'Ucraina. Sebbene questa sia una competizione musicale, mostriamo anche la nostra cultura. In modo che tutti si ricordino chi siamo».


Stefania è cantata nelle cantine dalla gente sotto le bombe. Cosa volete dire al vostro popolo da un palco mondiale come quello dell'Eurovision?


«Dopo che la Russia ci ha invaso, molte persone hanno cominciato a dare un significato più importante alla canzone. Per esempio quelli che sono tristi perché non possono vedere le madri. Ecco perché Stefania è ora nel cuore e nelle orecchie degli ucraini. Da canzone dedicata a una madre è diventata la canzone della madrepatria».


Pensate che il vostro brano meriti la vittoria in sé, al di là del sostegno politico?


«Noi crediamo nella nostra canzone, riflette lo spirito di questi tempi, la vittoria significherebbe anche un grande apprezzamento della musica ucraina, della sua autenticità e unicità».


La Russia è stata espulsa dall'Eurovision. Non sarebbe stato più giusto per i russi che non vogliono la guerra avere un rappresentante sul palco, magari un dissidente?


«Dato che l'Ucraina è ancora in guerra e la Russia è l'aggressore, noi crediamo sia giusto che non partecipi».


Volete dire qualcosa al popolo russo?


«Noi pensiamo che sia giusto che la Russia sia stata esclusa da molti eventi, come l'Eurovision. Dopotutto, questo è stato deciso per far capire ai russi che nel 2022 un Paese non può attaccarne un altro. Chi non lo capiscono, deve riflettere su questo».


Un membro della vostra band è rimasto a combattere in Ucraina. Subito dopo il Festival dovete tornare in patria come tutti gli uomini in età da combattimento. Vi unirete alla resistenza o girerete le città a suonare Stefania?


«Io tornerò subito ad occuparci della nostra organizzazione Ty de (Dove sei?) che raccoglie medicinali e li porta a migliaia di persone. E continueremo a creare nuove canzoni».


Oleh, com'è tua madre a cui è dedicata la canzone?


«Per me mia madre è una delle migliori donne al mondo. Vive a Kalush, dove sono nato, nella parte occidentale dell'Ucraina. Questa canzone è la cosa più bella che ho fatto per lei. Ora, come tutte le madri è preoccupata non solo per me, ma anche per tutti i figli che stanno difendendo il Paese. I nostri amici e parenti vivono in Ucraina e sono in costante pericolo».


Cosa rappresenta per voi Zelensky?


«Come per ogni ucraino ora è il leader del Paese, che con forza ci rappresenta e difende».


La vostra musica e anche il vostro look pesca nella tradizione ucraina.


«Stefania mostra il coraggio e la forza dello spirito ucraino come anche l'unicità e la ricchezza della nostra cultura che è ora sotto attacco. Gli abiti che usiamo sul palco rinforzano questo messaggio e sono un tributo alla radici del nostro Paese».


Come potrà Kiev organizzare l'Eurovision l'anno prossimo in caso di vittoria?


«Se stasera vinceremo, l'Eurovision 2023 si terrà in Ucraina. Speriamo in una nazione integra, ricostruita, prospera e felice».

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