Il loro destino si è incrociato subito. Prima a Napoli, quando entrambi mescolavano lingua napoletana e blues. Poi a San Siro. 1980. Il 27 giugno Pino Daniele ha «aperto» il concerto di Bob Marley. Il 19 luglio Edoardo Bennato è stato il primo italiano a riempire uno stadio. Settantamila persone, per l'esattezza. Due eventi che tuttora si ricordano perché sono stati i «primi». Bennato e Daniele sono sempre stati primi ed è per questo che oggi, con voce piegata dalla commozione, il coraggioso Edoardo dice che «tra di noi c'era una sintonia eccezionale». Sospiro.
Perché sintonia?
«Da musicista che parla di un altro grande musicista, so che non è facile cantare Napoli senza retorica».
Ma lei dice sempre che «sono solo canzonette».
«Appunto. Nelle canzonette si fatica a tenersi lontano da toni e accenti banali. Ma Pino è riuscito a farlo. Sempre».
Come vi siete incontrati?
«Nel 1975 avevo scritto una canzone,Ma chi è, che abbinava il napoletano al blues. Era un linguaggio che gli piaceva e quindi è subito nata una sintonia».
E poi?
«Poi siamo stati a contatto per parecchio tempo quando ho partecipato al film Joe e suo nonno per la regia di Giacomo De Simone con Arbore, Banfi e Peppe Lanzetta. Eravamo a Formia e Pino ed io ci confrontavamo spesso».
Strano che non abbiate mai suonato insieme?
«In realtà c'era un progetto, un grande progetto per farlo e creare quel connubio che sul palco è sempre difficile».
Quando?
«Quando Fabio Cannavaro decise di lasciare il calcio e di organizzare un megaevento nello stadio che lo aveva consacrato: il San Paolo di Napoli. Lui con i calciatori più importanti e gli amici che aveva conosciuto, tra i quali anche Leo Messi. E lui con i musicisti della sua Napoli».
Quando?
«Era il 2013. Avrebbe voluto che Pino ed io suonassimo e cantassimo insieme nello stadio della sua vita».
Ma non si è mai visto.
«Tutto è naufragato perché ci sono stati problemi con la società del Napoli Calcio e dopo poco non se ne è più parlato. Ma sarebbe stata l'occasione di mettere insieme un pezzo della storia di Napoli».
Comunque vi sarete incontrati spesso.
«E come no? Durante le tournèe, capitava di trovarci in giro per l'Italia. Ricordo una volta in un ristorante di Bologna, non so dire quale anno fosse esattamente. E comunque parlavamo spesso, pochi giorni fa ci siamo scambiati anche gli auguri di Natale».
Quali erano i vostri discorsi?
«Tanti. Ma ricordo quello che gli stava più a cuore: l'ostracismo di certe radio che non trasmettevano più le sue canzoni. Lui diceva: io so perché, ma il mio pubblico no. E io lo capivo. Anche in questo eravamo telepatici».
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