Però di nuovo è un premio all'ideologia

Niente da dire sulla scelta letteraria dell'Accademia di Svezia: Annie Ernaux è una maestra nel raccontare di sé senza fissarsi sul proprio ombelico

Però di nuovo è un premio all'ideologia

Niente da dire sulla scelta letteraria dell'Accademia di Svezia: Annie Ernaux è una maestra nel raccontare di sé senza fissarsi sul proprio ombelico, ha uno stile assolutamente riconoscibile e ha perfino sancito la nascita di un genere. Niente da dire, anche, sulla scelta popolare: finalmente il Nobel per la letteratura viene assegnato a una autrice amata e famosa in tutto il mondo, tanto che il suo nuovo libro, Il ragazzo, in Francia è stato un caso editoriale da centomila copie. Tutte cose che possono suonare banali ma le quali, negli ultimi anni, dalle parti di Stoccolma sembravano un crimine, come se le parole letteratura e copie non potessero abbinarsi. Se uno scrittore ha un pubblico di migliaia di lettori, e se i suoi libri addirittura vendono, beh, allora vuol dire che non merita un premio «alto» come il Nobel... Sulla cui altezza, peraltro, nessuno discute, anche se «altezza» dovrebbe riferirsi alla letteratura e non, per esempio, all'allineamento all'ideologia dominante, o alla ricerca spasmodica di una eccezione. Due principi che talvolta possono collimare. Niente da dire, anche, sulla gioia per la casa editrice L'orma (anche qui, qualità letteraria), che festeggia dieci anni proprio in questi giorni e che, fin da subito, ha portato nelle librerie italiane Annie Ernaux. Tutto a posto, quindi? I signori del Nobel sono riusciti a far trionfare la letteratura? Una risposta è: sì. Un'altra è: sì, ma non solo quella. Perché occorre essere sinceri: l'assegnazione a Annie Ernaux è ideologica. Lo confermano le sue stesse parole e la sua storia: ha subito detto che «responsabilità significa continuare a lottare contro le ingiustizie», in particolare quelle contro le donne e «i dominati», è stata paladina del MeToo, ha fatto del racconto sociale il fulcro delle sue storie, è stata subito applaudita dall'estrema sinistra (Mélenchon era in lacrime, ieri). Insomma è, ancora una volta, un Nobel politico, e di una politica che si accoda alle solite cause che, benché giuste e condivisibili, sono già sbandierate e sostenute ovunque.

Per fare un esempio, anche premiare Salman Rushdie sarebbe stato un gesto politico ma, in questo momento, più coraggioso e, forse, incisivo. La letteratura che lotta per la libertà e contro il fanatismo: non male, no? Forza, accademici di Svezia, fateci sognare. Magari l'anno prossimo...

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