"Outer Banks", la nuova serie tv di Netflix è un vero antidoto all'ansia da auto-reclusione. Conduce infatti completamente altrove, complice l'ambientazione estiva, il mistero al centro del racconto, il romanticismo adolescenziale e una serie infinita di piccoli colpi di scena.
Insomma uno scacciapensieri che, come tale, in questo momento non può che far bene. Attenzione però: è un disimpegno avventuroso da cui ci si affranca con difficoltà perché un episodio tira l'altro (sono dieci di circa 50 minuti ciascuno).
Al centro del racconto c'è un affiatato gruppo di adolescenti, tutti residenti nella località balneare di Outer Banks, Carolina del Nord. Un uragano ha appena causato un blackout su tutta l'isola e il ritrovamento di una barca sul fondale della palude sarà il primo degli eventi che porteranno questi ragazzi a compiere scelte in grado di sconvolgere la loro vita. I quattro della combriccola sono John B (Chase Stokes), il cui padre è disperso in mare da nove mesi, JJ (Rudy Pankow), una testa calda segnata dall'avere un genitore violento a casa, Pope (Jonathan Daviss), dotato intellettualmente e col sogno di una borsa di studio in medicina forense, infine Kiara (Madison Bailey), l'unica abbiente tra loro e con l'indole da attivista salva-mondo.
In realtà tutto in questa serie ricorda qualcosa di già visto, eppure l'orchestrazione delle parti funziona al punto che stavolta i deja-vù creano una melodia anziché costituire un limite: ci sono l'amicizia complice e lo spirito d'avventura de "I Goonies", l'amore acerbo ed avversato da faide familiari in stile "Romeo e Giulietta", la distanza di censo e stili di vita come in "Dirty Dancing" o "Cocktail", la ricerca estiva in zone paludose come nel drammatico "Stand by me" e perfino una piccola digressione alla "Pretty Woman". "Outer Banks" è una versione young adult di un miscuglio dei titoli appena elencati e di chissà quanti altri. Gli ingredienti, insomma, sono veri topoi della narrazione, già usati in molte delle esperienze visive che hanno accompagnato la generazione degli attuali quarantenni (ma anche cinquantenni) durante la crescita. Insaporite il tutto con il fatto che i personaggi sfoggiano un fisico da surfisti, girano in perenne mise da spiaggia e sono, ambosessi, innegabilmente belli e avrete la ricetta giusta per tenere incollati davanti alla tv i genitori (per i rimandi di cui sopra) e i figli (vero target di questo teen-drama).
C'è dell'altro. La caccia al tesoro, ossia al carico d'oro di una nave affondata un secolo e mezzo prima, è un pretesto appassionante sul quale s'innesta l'importante tema del rapporto tra padri e figli. Ci sono genitori assenti ma d'ispirazione, altri falliti e impossibili da salvare, altri ancora amorevoli ma fasulli. Velatamente ci si chiede fino a che punto sia lecito rispettare un congiunto che si dimostra ferocemente disfunzionale, si riflette su chi abbia la priorità tra la famiglia d'origine e quella che ci si è scelti in base al sacramento dell'amicizia, si mettono in luce la bellezza e la purezza dei sentimenti dei sedici anni senza tacere sui limiti innegabili di quell'età, sugli effetti delle droghe, dell'ingenuità e dei comportamenti irresponsabili.
L'isola, poi, "è l’America sotto steroidi: tantissimi ricchi, tantissimi poveri", il che la rende un microcosmo in cui le dicotomie, non solo sociali, sono sfacciate, proprio come quelle che solitamente regnano nella personalità in via di costruzione di un adolescente.
L'oro in realtà fa da detonatore: esplodono conflitti preesistenti, i pericoli hanno il vantaggio secondario di regalare occasioni e, infine, scegliere da che parte stare diventa un imperativo non privo di conseguenze.
Di "Outer Banks" conquistano la sua rete di intrighi, i paesaggi acquatici e luminosi, il sapore vintage eppure sempreverde di
certe prime volte, il sottile confine tra rivalità e complicità (anche tra consanguinei), il carismatico entusiasmo della minore età.Una storia di formazione che, essendo emotivamente autentica, parla a tutta la famiglia.
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