“Persuasione”, un classico declinato alla Netflix: astenersi fan di Jane Austen

Storia d’amore d’epoca alla “Bridgerton”, ma al netto della sensualità e con tocchi moderni un po’ stridenti. Una commedia romantica in cui l’ironia dona freschezza ma smorza il coinvolgimento

“Persuasione”, un classico declinato alla Netflix: astenersi fan di Jane Austen

Persuasione, adattamento cinematografico appena uscito su Netflix tratto dall’omonimo libro di Jane Austen (pubblicato postumo nel 1818), regala disimpegno di qualità trascurabile, in linea con l’offerta media dei film originali editi dalla nota piattaforma di streaming.

Il consiglio per fruirne è dimenticare il materiale d’origine, ovvero l’opera della maturità della Austen. “Persuasione” nell’ anno 2022 è un prodotto nato a tavolino per lenire le pene delle spettatrici orfane della serie “Bridgerton”, un palliativo a dire il vero, visto che qui non vanno in scena né il tumulto interiore né quello dei sensi.

L’idea della versione Netflix del datato capolavoro letterario è quella infatti di svecchiare la narrazione in maniera quasi burlesca, come a creare una sorta di Bridget Jones in costume, regalando ai personaggi espressioni gergali moderne e una sensibilità affine a quella dei ragazzi di oggi, la cosiddetta generazione Z.

Anne Elliott (Dakota Johnson) è una nubile ventisettenne, motivo per cui è trattata come la zitella di casa. In realtà la ragazza si è lasciata persuadere, diversi anni prima, a rinunciare al suo vero amore, Frederick Wentworth (Cosmo Jarvis), perché di bassa estrazione sociale. Il successivo ridimensionamento finanziario dell’altezzosa famiglia di Anne e il fatto che l’ex, nel frattempo, sia diventato un uomo importante, cambiano le carte in tavola. A lei non è dato di sapere se il sentimento mai sopito verso di lui sia ricambiato o se il giovane le porti ancora rancore. Solo il tempo, assieme al banco di prova di ipotetiche nuove relazioni da ambo le parti, dirà ai due cosa c’è davvero tra loro.

Malgrado dietro alla macchina da presa si trovi una veterana del teatro britannico come Carrie Cracknell, l’adattamento presenta degli elementi così anacronistici rispetto all’originale da suonare a sprazzi canzonatori.

La storia in sé resiste alla prova del tempo che passa, del resto i dilemmi amorosi sono qualcosa la cui universalità non conosce mutamento, ma l’indecisione tonale rende il racconto poco incisivo.

Se il rispecchiamento nel tortuoso percorso verso il vero amore dei due protagonisti va in parte a segno è grazie a tutta una serie di cliché di genere, non certo per l’insistita presenza di elementi atti a modernizzare l’insieme.

Pur riconoscendo l’intrinseca attualità delle eroine ottocentesche di Jane Austen, quella interpretata da Dakota Johnson appare un po’ aliena al contesto e al periodo storico in cui si muove. La sua ricerca di complicità con lo spettatore, vale a dire il continuo sfoggio di ironia guardando direttamente in camera, funziona meglio in film come “Enola Holmes”. Se da un lato la trasmissione esplicita dei pensieri ha infatti l’effetto di accorciare le distanze in modo simpatico, dall’altro il coinvolgimento per quanto in scena è interrotto bruscamente a ogni rottura della quarta parete. Al divertimento giovano le figure minori, come quella della sorella di Anne, civettuola egoista allergica ai propri figli, e quella del vanitoso padre, Walter Elliott (un sottoutilizzato Richard E. Grant).

La diffusa e misurata irriverenza nei confronti del periodo storico d’ambientazione dona

freschezza al racconto, senza mai fare satira sociale. “Persuasione”, declinato ai tempi di Netflix, diventa una (dimenticabile) commedia romantica con inserti di frizzante contemporaneità. Né più né meno.

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