"La peste di Boccaccio è ancora tra noi e ha il volto dell'Isis"

Decamerone con meno eros e più angoscia I due fratelli registi parlano del film ispirato allo scrittore fiorentino: "È molto diverso da quello di Pasolini"

"La peste di Boccaccio è ancora tra noi e ha il volto dell'Isis"

Firenze, 1348. C'è la peste, in città, e i monatti buttano in una fossa comune giovani su giovani ormai morti. I loro cadaveri ammorbati verranno sepolti sotto terra e calce: si salvi chi può. Comincia così Maraviglioso Boccaccio di Paolo e Vittorio Taviani (dal 26, in 100 copie «come le cento novelle del Boccaccio», dicono gli autori), che dopo il successo di Cesare deve morire , Orso d'Oro al Festival di Berlino 2012, tornano con qualcosa da dire. «Innanzitutto, che questi due film sono uguali, l'uno all'altro: in entrambi, soltanto l'arte e l'amore riscattano l'uomo dal dolore», riflette Paolo. Certo, in quest'opera singolare, liberamente ispirata a cinque novelle del Decameron di Giovanni Boccaccio (Certaldo, 1313-1375), il capolavoro di uno dei padri della letteratura italiana è mero pretesto. Manca l'erotismo. E il racconto dei dieci giovani che, per quindici giorni, salgono in collina per sfuggire all'angoscia e alla morte, risulta monocorde, come cristallizzato in perfette campiture pittoriche da Scuola Senese. Gli sfavillanti costumi di Lina Nerli Taviani donano a Kasja Smutniak e Jasmine Trinca e Vittoria Puccini, ma ridicolizzano Riccardo Scamarcio, nel cast con la meglio gioventù del cinema nostrano: da Kim Rossi Stuart, imbruttito come Calandrino, a Paola Cortellesi, badessa e «rea femmina» con i mutandoni dell'amante come copricapo. Tra la Torre Tarugi di Pienza e il castello di Spedaletto, molti i luoghi attraenti. E uno solo il messaggio, indirizzato ai giovani.

Qual è la peste che, oggi come ieri, ci circonda?

Paolo : «La peste è tornata viva: basta guardare le stragi dell'Isis, gli sgozzamenti, le guerre. Da ragazzi, noi che siamo di San Miniato, pensavamo che la guerra non sarebbe più tornata. E invece, anche nel nostro paese c'è la peste. Una peste domestica, con il 40% degli italiani che non vota».

Nel vostro film ai giovani tocca una sorte amara. Alludete al presente?

Vittorio : «Abbiamo pensato alla disperante disoccupazione che li affligge. Alla disillusione che li circonda. Prima delle riprese, abbiamo visto centinaia di bravi attori giovani, che mai lavoreranno. Anche noi, da giovani, abbiamo molto sofferto: i vecchi del cinema non ci facevano superare la cortina di ferro. Questo film nasce dalle domande dei nostri figli. “Perché ci avete dato un mondo come questo?”, dicono».

Come mai avete pensato proprio al Boccaccio?

Vittorio : «Per il suo lato scherzoso: qui c'è una morta che vive, un falcone amatissimo... Però, Boccaccio è un disastro per chi fa cinema: tira veloce, per arrivare al punto e sei tu che devi appassionarti. Ci siamo detti: forza, Boccaccio, ci hai dato un calcio. Ora noi te ne diamo due».

Paolo : «Boccaccio è un nostro paesano: siamo convissuti, con lui. E nel film I fuorilegge del matrimonio , avevamo usato una sua novella. Boccaccio ci ha camminato accanto per anni, ma non era mai il suo momento. Finché, con il clima di ora, certa desolazione torna d'attualità. La peste, i giovani che si ribellano, le vicende favolose evocate, hanno lo stesso battito di cuore della contemporaneità».

Avete tenuto conto delle precedenti versioni del Decamerone , magari considerando quella di Pasolini?

Paolo : «Il film di Pasolini è una violenta rappresentazione dell'eros, di corpi, di sesso. I personaggi si esprimono in un napoletano colorito... Piuttosto, noi amiamo le opere cui ci ispiriamo, ma le consideriamo soggetti per parlare di noi. E poi la peste del Decameron , finora non è stata raccontata, al cinema».

Vittorio : « Maraviglioso Boccaccio è figlio dei nostri giorni e assomiglia solo a se stesso. Anche nella sensualità, che è insita nei rapporti tra i giovani, non gridata, spesso sotterranea"

Qui avete diretto molti attori: un commento?

Paolo : «Tutti hanno dato un personalissimo apporto ai personaggi. Le donne la fanno da padrone: è un film al femminile, sono le ragazze a decidere d'andare in collina. Sono loro che raccontano».

Vittorio : «Kim Rossi Stuart ha

provato un piacere sessuale a imbruttirsi. Nel ruolo del babbeo Calandrino ha voluto rendersi sgradevole e si è presentato sul set con i denti sporchi e i suoi bei capelli così ispidi e arruffati da sembrare una parrucca».

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