La poesia di De André incanta gli italiani e ferma l'onda dell'Isola

Ottimi ascolti per la fiction sull'artista genovese. Il regista: "Un successo che Fabrizio merita"

La poesia di De André incanta gli italiani e ferma l'onda dell'Isola

Chi l'avrebbe mai detto: la poesia che vince sul rumore. Il racconto della vita di un menestrello che mette la sordina ai battibecchi di finti famosi che si accapigliano per una ciotola di riso e un tiro di marijuana. Martedì sera il biopic su Fabrizio De André Principe libero (ieri la seconda parte) ha vinto la serata conquistando 6 milioni 178mila spettatori e uno share del 24,3 per cento. Ascolti ben lontani da quelli realizzati il giorno prima da Montalbano, ma altissimi per un tipo di fiction come quella dedicata al cantautore genovese, la biografia di un autore amatissimo, ma non conosciuto così bene dal vasto pubblico. Il reality di Canale 5, che è andato benissimo nelle prime puntate, martedì si è invece fermato a 3 milioni 807mila spettatori, arrivando al 21,6 per cento di share (per effetto della maggior durata). Non è servita dunque la mossa dei vertici di Canale 5 di spostare il reality dal lunedì, suo giorno usuale, al martedì per non scontrarsi con Montalbano, perché si è imbattuto ugualmente nello scoglio De André. A consolazione di Mediaset, il buon risultato su Premium della partita Juventus-Tottenham che ha raggiunto il 4 per cento di share.

Certo, il ritratto del cantante non è stato esente da critiche. Sui social si sono scatenate le polemiche a proposito dell'accento un po' troppo romanesco degli attori e molti fan hanno parlato di un Faber non colto nella sua essenza. Ma, come si sa, una fiction è per forza una sintesi semplicistica. E bisogna dire che Luca Marinelli, nel ruolo principale, ha fatto il massimo per rendere la complessità, la fragilità, l'umanità di De André. Probabilmente al pubblico è piaciuto anche il fatto che la fiction non fosse un'agiografia, ma che venissero mostrati anche i lati oscuri dell'artista: dalla dipendenza dall'alcol alla frequentazione delle prostitute, ai tradimenti, all'insofferenza per il mondo borghese della famiglia d'origine. Una ricostruzione dolce e amara, prodotta da Bibi Film con la supervisione di Dori Ghezzi e la regia di Luca Facchini, che ripercorre quarant'anni di vita di Faber, dall'adolescenza ai primi amori, ai primi versi, passando per il primo riconoscimento con la cover di Mina de La canzone di Marinella, fino ai grandi successi, i due matrimoni, il primo con Puny da cui nasce Cristiano e poi con Dori da cui nasce Ludovica Vittoria, fino al dramma del rapimento.

«Siamo molto felici di questi risultati - commenta il regista - e devo ringraziare la Rai che ha portato a termine con convinzione il progetto insieme a me, a Dori Ghezzi e a tutti gli autori. Il successo è un grande omaggio a Fabrizio». Per Facchini a catturare l'attenzione degli spettatori è stata certamente la vita intrigante del cantautore, ma anche il modo in cui è stata presentata. «Abbiamo raccontato una storia dentro la storia, che poi il protagonista si chiamasse De André alla fine era secondario, si poteva seguire la vicenda anche senza conoscere chi fosse». E, poi, ovviamente ha giocato anche l'ottima prova di Marinelli e di tutto il cast. «Un attore strepitoso cui ho chiesto di non cercare di fare una fotocopia di De André ma di lasciarsi andare a viverlo a modo suo. Ma anche il resto del cast ha lavorato con grande professionalità. Infine, devo dire che ha giocato un grande ruolo la fotografia, diretta in maniera egregia da Gogò Bianchi, con cui ci siamo intesi in maniera perfetta». Facchini è un fan di Fabrizio da sempre.

Di lui ha sempre ammirato la capacità di «non trasformare la sua etica in moralismo, di non giudicare, di offrire sempre un punto di vista diverso su cui ragionare, di non imporre il suo punto di vista ai personaggi delle sue canzoni o agli ascoltatori, di non usare la conoscenza per asserire qualcosa di diverso dalla libertà». Ma ha sentito Dori Ghezzi per festeggiare il successo? «Certo, era molto contenta, soprattutto perché questi risultati Auditel non sono numeri freddi, ma ci trasmettono tanto calore».

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