
Dall'orchestra jazz di Sesto Carlini (ex clarinettista classico che negli anni Venti e Trenta guidò una delle migliori jazz band italiane) alla collaborazione nel 2009 con Renato Zero. In mezzo una vita dedicata al jazz, alla musica leggera di classe, al cinema (oltre 300 colonne sonore), alla commedia musicale. Una vita dedicata alla musica quella del maestro Armando Trovajoli, spentosi nella sua casa di Roma a 95 anni. Una vita che è un'epopea fatta di mille differenti tasselli. Uomo dalla romanità gentile (amico di Fellini, Risi, Totò) forse perché armonizzata dal jazz, Trovajoli stava ancora lavorando alla trasposizione teatrale della Tosca di Luigi Magni, di cui aveva scritto il tema per il film nel '73. «Ha lavorato fino all'ultimo giorno - racconta la moglie Maria Paola - lo spartito è ancora lì sul pianoforte». Quel pianoforte che prese a suonare a 6 anni, dopo aver abbandonato il violino, per aiutare la famiglia (il padre s'era gravemente malato) e soprattutto comprare i medicinali. Scopre il jazz e la musica leggera e viene scritturato per i tè danzanti, le feste private e del dopolavoro, intascando 5 lire a sera.
Dopo la guerra si diploma al Conservatorio di Santa Cecilia con «dieci e menzione onorevole» e diventa subito uno degli artisti più contesi. Nel '49 rappresenta l'Italia al Festival du Jazz de Paris con star come Gorni Kramer e il batterista Gil Cuppini, all'inizio del decennio successivo guida l'orchestra della Rai dandole una raffinata impostazione jazzistica. Benedetti Michelangeli gli chiede di suonare con lui e collabora con jazzisti del calibro di Duke Ellington, Chet Baker, Miles Davis, Louis Armstrong che dice di lui: «Senti questo, sembra nato ad Harlem!».
Trovajoli ebbe il merito di non montarsi mai la testa («sono solo un modesto artigiano che ha messo insieme Bach e il Negro Zumbon, Rugantino e Chopin», diceva). Chi non ha amato (o conosciuto) la sua vena jazzistica, non può dimenticare le sue sofisticate (eppur semplici melodicamente) canzoni quali Roma nun fa' la stupida stasera (scritta nel '62 per la commedia musicale di Garinei e Giovannini Rugantino), Dimmi un po' Sinatra (che scrisse sotto lo pseudonimo di Vatro), la «tropicale» El negro Zumbon scritta per il film di Lattuada Anna (cantata da Flo Sandon's), Viale d'autunno che vinse Sanremo nel 1953, da lui arrangiata quando dirigeva l'orchestra del Festival, sempre interpretata dalla Sandon's, passando per decine di successi come il tema della commedia musicale Aggiungi un posto a tavola scritto per Johnny Dorelli; e riuscì persino a far cantare una giovane Sophia Loren regalandole Tu che m'emparato a ffà. Nonostante i suoi 95 anni era ancora molto amato, come testimonia il mondo di internet, ieri invaso di commenti, filmati, ricordi, tweet sul maestro come «in cielo hanno aggiunto un posto a tavola». Ma lui non credeva nell'aldilà, e ci scherzava sopra: «sarebbe troppo bello pensare che mi ritroverò a suonare il clavicembalo con Salieri».
Al teatro, alla tv (basti citare la musica dei telefilm di Maigret) si aggiungono le oltre 300 colonne sonore che scrisse per Risi, Monicelli, Tognazzi, Salce, Steno. Film come La ciociara, Riso amaro, Profumo di donna, C'eravamo tanto amati ma anche per b movie un po' trash come Una magnum per Tony Saitta.
Ricordando i tempi di Aggiungi un posto a tavola Dorelli lo ricorda così: «Quando componeva la sua grande musica, se qualcosa non gli quadrava era capace di sfasciare tutto, o di lanciare il leggio contro qualcuno. Io ridevo, e lui: Johnny stai zitto!. Era così se ti voleva bene, i suoi erano vaffa d'amore».
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