La pop art romana anni '60 diventa un oggetto di culto

Quotazioni in ascesa per Schifano, Angeli e Festa Ma questo prova che la nostra età dell'oro è passata

La pop art romana anni '60 diventa un oggetto di culto

Lo abbiamo sottolineato più volte. Da diverso tempo l'arte italiana sembra inevitabilmente costretta a guardarsi indietro, segno che i nostri anni mancano di stimoli creativi e di proposte, neppure lontanamente paragonabili a quella che fu la nostra età dell'oro cominciata negli anni '60.

Se è ormai conclamato il recupero critico e mercantile del primo concettuale, della pittura monocroma, dell'ambiente milanese sviluppatosi attorno a Fontana e Azimuth, gli ultimi mesi hanno fatto riscontrare risultati molto importanti a proposito di quegli artisti romani attivi a piazza del Popolo e dintorni, proprio mentre si stava attraversando il primo significativo boom economico del dopoguerra. Roma all'inizio degli anni '60 era la città italiana dal maggior respiro internazionale e non solo perché capace di attrarre diversi artisti dall'estero, soprattutto dall'America, ma anche per il fenomeno della Hollywood sul Tevere, la presenza di molti scrittori e intellettuali, insomma il terreno fertile per un ambiente davvero vivace.

Ai tavolini del Caffè Rosati si incontravano i tre pittori più famosi e discussi della Nuova Scuola Romana: Mario Schifano, Franco Angeli e Tano Festa. A loro si riconosce finalmente un ruolo di assoluta originalità in quella che chiameremo la Pop romana, anche se tale denominazione mostra diversi limiti poiché stiamo parlando di lavori più complessi che avvertono la crisi della pittura e aprono verso l'Arte Povera. Dopo anni di mercato basso, colpa anche della sovrapproduzione -i tre dovendo mantenere parecchi vizi avevano necessità di dipingere molto- oggi si riconoscono quotazioni finalmente importanti. Un Michelangelo di Festa in maggio ha decuplicato la stima da Finarte, da 7 a oltre 70mila euro; gli Schifano degli anni '60 hanno da tempo raggiunto quotazioni ragguardevoli e fa bene chi sta cercando opere dei '70, un periodo discontinuo ma molto creativo, mentre gli '80 che rappresentano la sua rinascita pittorica sono in parte da riscoprire. Di Franco Angeli sono molto ricercati gli Half Dollar datati giusti e le veline, che fino a poco tempo fa si portavano via con niente. Pare che dietro questa operazione sulla Scuola di piazza del Popolo ci sia qualche grande mercante internazionale, i ben informati dicono che Gagosian stia comprando diverse opere, con conseguente levitare dei prezzi.

Il successo della Pop romana, però, non si ferma ai tre artisti più famosi. Si parla con insistenza dei Gesti tipici di Sergio Lombardo, che ha rappresentato una cerniera tra l'arte figurativa e il concettuale; di una sempre più evidente uscita dalla pittura, con formulazioni che si avvicinano molto a ciò su cui stava lavorando Michelangelo Pistoletto a Torino, da parte di Cesare Tacchi e Renato Mambor. Raro ed esclusivo, ma questo da sempre, il lavoro raffinatissimo di Francesco Lo Savio, fratellastro di Tano, morto molto giovane all'inizio degli anni '60.

Altro importante recupero è quello di una artista che è stata protagonista della vita culturale italiana, in particolare per i rapporti con la letteratura attraverso il compagno Goffredo Parise e l'amicizia con Guido Ceronetti: a Giosetta Fioroni, le cui opere argentate degli anni '60 sono ricercatissime, il MARCA di Catanzaro dedica una personale fino al 31 agosto, ed è giusto sottolineare il ruolo niente affatto marginale di una donna in un universo piuttosto maschilista. Anche Fioroni comincia a costare belle cifre, pur essendo ancora appetibile per un buon investimento.

In generale il clima romano degli anni '60 dimostra una vitalità inedita che la Capitale toccherà poi solo un ventennio dopo, con la Transavanguardia e il ritorno alla pittura. Corretta dunque la datazione 1960-67 che suggeriscono i curatori della mostra Pop City al Macro di Roma fino al 27 novembre. Come a dire, il 1968 segna la fine di un'epoca straordinaria, caratterizzata dalla sperimentazione e dall'innocenza, fatta affogare nella politica e nell'eccesso di ideologia. Se a Roma nel '65 apre il Piper, primo locale per giovani dove suonarono tutti i musicisti più importanti dell'epoca e Schifano era di casa, solo tre anni dopo con gli scontri di Valle Giulia e la morte simbolica di Pino Pascali sembra davvero che un ciclo si stia chiudendo. E di questa inversione di rotta ne risente anche l'arte.

Perciò le opere prodotte tra 1960 e 1967 vanno inseguite e ricercate, proprio perché si collocano nel periodo storico in cui l'Italia entra definitivamente nella contemporaneità. Mentre Milano si avvia a diventare la città del design e di un certo gusto minimale, a Roma trionfa il Pop, con ben poco da invidiare rispetto alla scena britannica e americana.

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