Il bello e il brutto. Il buono e il cattivo. Se la dinamica televisiva poggia sulle antitesi, il contrasto vincente di Matrix undicesima stagione è servito. Chi dei due sia il bello, lo precisa il brutto: «Nicola Porro è un giovanottone fascinoso, ha una moglie ricca, va a Saint-Tropez schiuma di rabbia Piero Chiambretti - Insomma: ne sono invidiosissimo». E chi invece sia il cattivo, lo analizza il buono: «Chiambretti è spiritoso, corrosivo, impertinente, strafottente se la ride Porro -. Confronto a lui io sono troppo perbene». Ma un minimo di bellezza (interiore?) la sfoggia pure Chiambretti: «Non pretendo di far ridere su tutto; davanti ad argomenti troppo seri anche un iconoclasta come me deve fermarsi». E quel po' di cattiveria che quando ci vuole ci vuole, anche Porro sa tirarla fuori: «La capacità d'incalzare l'ospite, di non mollare la presa, di stringere alle corde me la riconoscono già dai tempi di Virus. Ed io la manterrò». Insomma: la novità del nuovo Matrix (da domani in seconda serata su Canale 5) sarà proprio la conduzione - autonoma eppure «empaticamente affine» - di questa strana coppia. Dopo il debutto di mercoledì (soltanto per domani), nelle prossime settimane Porro andrà in onda per due seconde serate (martedì, mercoledì o giovedì), con un Matrix «tradizionalmente impostato sulla cronaca e l'attualità»; dal 7 ottobre si aggiungerà al venerdi il Matrix di Chiambretti (con tanto di nome aggiunto al logo) «che sarà il supplemento di quello ufficiale, su argomenti di costume, sport e spettacolo». Pur disponendo entrambi dello stesso studio nuovo fiammante, ideato dallo stesso Pierino («Il videowall, cioè lo schermo luminoso, che nei talk show generalmente occupa solo lo sfondo, qui coprirà tutto lo studio») i protagonisti della strana coppia difficilmente agiranno in tandem. «È nelle previsioni ammette Nicola -. Anche se prima bisogna che i rispettivi spazi siano ben rodati».
Nessuno dei due, ciascuno per la propria parte, si nasconde le difficoltà: «I talk-show politici vanno tutti piuttosto male. Ma la difficoltà principale non è fare domande difficili. È ottenere risposte facili». Evidente, insomma, che i rispettivi spazi rispecchieranno stile e personalità degli specifici manovratori. «Quel po' di mestiere che ho imparato in tv spiega Porro - mi suggerisce di cercare soprattutto una cosa. La chiarezza. Il mio Matrix sarà quindi: un argomento; due ospiti che lo interpretano in maniera opposta (e nei quali il pubblico da casa si possa rispecchiare); un conduttore che cercherà di darne una visione laterale. Cioè inaspettata, non omologata, non politicamente corretta». Per Nicola, una bella rivincita rispetto al trattamento subito in Rai: chiuso dal nuovo corso renziano il suo Virus di Raidue, gli era stato offerta in sostituzione un programma domenicale, incastrato tra le 19 e le 20, in un orario complicatissimo, quasi un invito ad andarsene. Cosa che poi ha scelto di fare una volta arrivata l'offerta di Mediaset che gli ha messo a disposizione due serate la settimana in uno spazio importante.
Porro dice di detestare il corpo a corpo verbale di chi esibisce soprattutto se stesso: «Non voglio la caciara di sei ospiti che urlano sovrapponendosi l'un l'altro. Non saprei gestirla». E aggiunge al confronto a due quello che chiama il «sondaggio 4.0» su «cosa avviene, cosa ci si domanda, cosa si cerca sulla rete». Rispetto alla versione «ufficiale», quella di Chiambretti resterà sempre un passo indietro: «Se al venerdì la cronaca proponesse qualche fatto drammatico, non andrebbe il mio Matrix ma il suo». Ma alcuni temi potrebbero anche finire sul tavolo di entrambi: «L'ideale sarebbe che io facessi da controcanto a quel che dice lui ammicca Piero - Ma è chiaro che mi occuperò di cose molto più leggere e divaganti». E gli ospiti? Ecco il vero guaio, per qualsiasi conduttore. «Il problema è sempre lo stesso sospira Porro - Evitare la compagnia di giro. Le facce che trovi dappertutto e che sai già cosa diranno. Ma non sempre è possibile. L'ideale sarebbe far dire qualcosa di nuovo alle facce di sempre».
Quanto agli ascolti, «Evitiamo l'ipocrisa della Rai, che fingendo di disinteressarsene, stigmatizza la dittatura degli ascolti. Gli ascolti interessano a tutti. Solo che bisogna dare ad un programma il tempo di farseli. E non pretenderli già dalla prima puntata».
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