Quando l'architettura è metafisica

In mostra a Roma le immagini di monumenti di Graziano Villa

Barbara Silbe

Non è facile fotografare l'architettura, specie quando si tratta di monumenti iconici che hanno fatto da soggetto a milioni di clic. Per restituirceli, reinventati, Graziano Villa ha cercato spunti nella sua approfondita conoscenza della cultura artistica e nell'eterno bisogno di riflessione. La sezione fotografia del Margutta Creative District della Capitale, gli dedica una mostra dal titolo «Roma Caput Mundi», tributo alla città eterna visibile fino al 6 novembre all'Hotel Art di via Margutta 56. Ha fotografato esponenti del jet set, dell'economia e della cultura internazionale. Nato come autore commerciale a 22 anni, ha lavorato a 360 gradi specializzandosi in tutti i grandi settori della fotografia. «Sono un artigiano. Ho iniziato con la moda negli anni '70. Collaboravo coi giornali e le agenzie di pr, ma sono presto passato allo still life. Lavorare con il banco ottico era per me la vera fotografia. A quei tempi esplose la tv e molti colleghi iniziarono a occuparsi di video, io preferivo fermare momenti di vita nel flusso troppo veloce della vita. Il primo ritratto della mia carriera l'ho scattato nel 1986. Uno dei più bei momenti fu quando fotografai Desmond Morris, mio idolo, e il Dalai Lama a casa sua». Anche alle architetture fa dei ritratti che sono pieni di rimandi iconografici. «Hanno scritto di me che spello i monumenti. Io tolgo e scavo nella loro anima grafica.

Se potessi parlare con i progettisti che li hanno realizzati, mi direbbero che ho fotografato i loro disegni originali. Non tocco l'essenza e il significato simbolico, li rendo contemporanei dandogli una dimensione metafisica».

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