Con Jessica Chastain è facile dare i numeri. Perché è l'ultima grande diva di Hollywood certo, ma anche perché negli scorsi due anni - dopo un lunga gavetta tv non in primo piano - l'abbiamo vista in una decina di film quasi quanti ne ha in progetto da qui al 2015. La rossa che oggi, a 36 anni, non ha più niente da invidiare a quella più famosa, Rita Hayworth, è arrivata in un abito mozzafiato da «signora in rosso» al Giffoni Film Festival, per il tradizionale incontro con la moltitudine di ragazzi che invade la manifestazione campana giunta alla 43a edizione, forte di una serie di film in produzione grazie a cui la vedremo recitare per registi acclamati come Christopher Nolan per Interstellar, accanto ad Anne Hathaway, Michael Caine e Matthew McConaughey, o Liv Ullmann, l'attrice svedese passata alla regia con Miss Julie, tratto dalla tragedia La signorina Julie di August Strindberg, o ancora Ned Benson per il curioso progetto in due parti, The Disappearance of Eleanor Rigby: His e The Disappearance of Eleanor Rigby: Hers, sulla crisi sentimentale di una coppia di New York prima dal punto di vista dell'uomo (James McAvoy) e poi da quello di lei. Infine A Most Violent Year accanto a Javier Bardem e il nuovo horror di Guillermo Del Toro Crimson Peak.
Però certo il ruolo di Maya nel capolavoro di Kathryn Bigelow, Zero Dark Thirty, sulla cattura e l'uccisione di Osama Bin Laden per cui è stata candidata all'Oscar sembra non riuscire a toglierlo di dosso: «È stato il mio film più difficile da interpretare e poi anche da promuovere. La regista ha una grande umanità e mi ha aiutata ma si tratta del racconto di una persona che per tutta la vita è ossessionata dalla vendetta e non è certamente una dimensione che mi appartiene. Però sono rimasta sorpresa dalle polemiche suscitate anche perché Kathryn dà un affresco dei fatti lasciandone l'interpretazione al pubblico. Di fronte agli attacchi però la piccola parte di Maya rimasta dentro di me spingeva per difenderla». E rispetto alla riprese Jessica Chastain rivela di aver avuto qualche problema: «Non vorrei mai trovarmi nella stessa stanza di chi viene torturato. Sul set sono stati momenti molto duri. A un certo punto ho dovuto interrompere e uscire dalla stanza. Sapevo naturalmente che le violenze erano finte ma non riuscivo lo stesso a sopportare la situazione. In generale credo che sia meglio ascoltare il nemico. Si può imparare anche molto su se stessi». Più piacevole, anche se non meno faticoso, il lavoro sul set con Terrence Malick in The Tree of Life accanto a Brad Pitt: «Per tre mesi e mezzo quel film è stata la nostra vita. Ci siamo trasferiti con tutte le famiglie. Per tutta la giornata non si faceva altro che girare. Io addirittura mi prendevo cura dei bambini protagonisti quando loro giravo e io no. Malick è pazzesco anche se non è un regista molto netto nelle direttive che ti dà, piuttosto preferisce accompagnarti. Poi usa spesso anche termini scientifici, così mi è capitato di dover consultare il vocabolario».
Candidata all'Oscar anche per The Help di Tate Taylor, sembra che ormai ci sia solo lei a Hollywood, ciononostante mantiene un aureo basso profilo: «Non mi interessano né i premi, né la fama, né i soldi. L'ambizione più alta della mia carriera è essere come Vanessa Redgrave con cui ho avuto l'onore di recitare in «Coriolanus». Lei ha tutt'ora uno sguardo curioso su tutto, è sempre alla ricerca del bello e delle cose positive».
Tutte cose che Jessica Chastain sta trovando nel lavoro.
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