Il 14 ottobre la regina Elisabetta ha presenziato all’annuale apertura del Parlamento e il suo discorso, come era prevedibile, ha avuto la Brexit come argomento principale. La presenza della sovrana su un “terreno” tutt’altro che neutrale, ovvero il Parlamento, è un evento molto importante per la politica inglese. Il potere parlamentare e quello monarchico si incontrano in un momento solenne, carico di significati simbolici. Tuttavia ciò che oggi è diventato Storia e appartiene ormai alla tradizione, in passato rappresentava qualcosa di molto più concreto e tangibile. Una delle tradizioni più curiose e discusse, relative all’apertura del Parlamento, riguarda “l’ostaggio” di Buckingham Palace. Come spiega il sito Royal Central, nel momento in cui la regina Elisabetta lascia Buckingham Palace per recarsi alla Camera dei Lord, situata nel Palazzo di Westminster, un membro della Camera dei Comuni viene “preso in ostaggio” nel Palazzo reale come garanzia dell’incolumità della sovrana.
Verrà rilasciato solo quando Elisabetta II rimetterà piede “a casa” sana e salva. In passato se al monarca fosse accaduto qualcosa di male mentre era nel Parlamento, l’ostaggio avrebbe subìto la stessa sorte. Naturalmente oggi non è più così e il “prigioniero”, pur rimanendo confinato nella residenza reale, è libero di andare dove vuole. La tradizione “dell’hostage MP”, come è intuibile, ha a che fare con i rapporti non sempre idilliaci tra la monarchia e il Parlamento. Risale all’epoca di Carlo I (in carica dal 1625 al 1649), un frangente storico molto difficile, in cui le tensioni politiche sfociarono nella Guerra Civile (1642-1660). Il re Carlo I era inviso al Parlamento per i suoi costanti tentativi di accrescere e accentrare il suo potere. Anche sul fronte delle riforme religiose si era creato numerosi nemici tra i membri del Puritanesimo. Questi ultimi, di orientamento calvinista, accusavano il sovrano di un eccessivo “sbilanciamento” verso il Cattolicesimo.
Il 4 gennaio 1642 Carlo I entrò con la forza in Parlamento, deciso a far arrestare 5 dei suoi membri accusati di aver provato a far arrestare sua moglie, la cattolica Enrichetta Maria di Francia. Nel 1649 Carlo I venne catturato, processato dalla Camera dei Comuni e decapitato fuori da Whitehall con l’infamante accusa di tradimento (fu il primo monarca inglese a subire un processo e a essere condannato con una sentenza formale e regolare). Ecco il motivo per cui, dal 1642, nessun sovrano inglese ha la minima intenzione di mettere piede in Parlamento senza adeguate “garanzie”. Persino il discorso dei regnanti viene tenuto nella Camera dei Lord e non in quella dei Comuni. Le tradizioni legate all’apertura del Parlamento non finiscono qui. All’arrivo della regina Elisabetta viene inviato un membro della Camera dei Lord, il “Black Rod”, alla Camera dei Comuni. Il Black Rod si presenta di fronte alla Camera, ma per tradizione la porta gli viene sbattuta in faccia, gesto simbolico della libertà d’azione e dell’indipendenza dei deputati. Così l’inviato bussa per tre volte con l’asta nera (da qui il nome di Black Rod) e si inchina allo Speaker, invitando i deputati ad assistere al discorso reale.
Prima dell’arrivo della regina Elisabetta, un membro della guardia personale di Sua Maestà controlla i sotterranei del Parlamento con delle lanterne, in modo da scovare eventuali attentatori. Quest’usanza risale alla celebre “Congiura delle polveri” (5 novembre 1605) quando il militare Guy Fawkes sistemò dell’esplosivo nei sotterranei di Westminster per uccidere il re Giacomo I (in carica dal 1603 al 1625) e tutti i membri del Parlamento. L’attentato venne sventato da Thomas Knyvet della guardia personale del sovrano. Anche il discorso politico tenuto dalla regina Elisabetta ha una lunga tradizione che inizia nel 1852 e un significato particolare: la sovrana, infatti, si limita a leggerlo, ma non ha alcun ruolo nella sua redazione. Le parole pronunciate da Sua Maestà sono scritte dal Governo e approvate dal Gabinetto del Regno Unito. Dal 1952 la regina Elisabetta ha saltato solo 2 volte l’apertura del Parlamento, nel 1959 e nel 1963 quando era incinta rispettivamente del principe Andrea e del principe Edoardo. Per l’evento ufficiale del 14 ottobre 2019 la sovrana non ha indossato la Corona Imperiale di Stato, rimasta su un cuscino di velluto rosso al suo fianco. Il gioiello è composto da 2868 diamanti, 273 perle e dal celebre rubino del Principe Nero da 170 carati.
La corona in questione, infatti, è molto pesante e già altre due volte, nel 1974 e nel 2017, la monarca evitò di indossarla. Vanity Fair ricorda che Elisabetta II accennò a questo inconveniente durante un’intervista alla BBC in cui raccontava della sua incoronazione. La sovrana spiegò:“È così pesante da spezzare il collo. Non puoi nemmeno guardare in basso per leggere, il collo non reggerebbe”. Dunque per ragioni d’età Sua Maestà ha preferito un diadema più leggero e originariamente creato per il re Giorgio IV, che la indossò per la sua incoronazione. Questo è il gioiello con cui la regina Elisabetta compare sulle monete e sui francobolli. Venne realizzato nel 1820 con 1333 diamanti e 169 perle. Di solito la regina indossa questo diadema nel tragitto verso e dal Palazzo di Westminster.
Royal Central evidenzia che il gioiello cingeva il regale capo anche all’apertura del Parlamento del 1952. Allora, infatti, Elisabetta non era ancora stata incoronata, pur essendo di fatto la regina (l’incoronazione avvenne il 2 giugno 1953), dunque formalmente non poteva ancora portare la Corona Imperiale di Stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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