Quella dei Golden Globe dell'1 d.C. (dopo Covid) è stata una edizione «prima» per tanti motivi e non solo perché l'hanno presentata Tina Fey da New York e Amy Poehler da Los Angeles, mentre i candidati e vincitori apparivano in video come nelle riunioni di condominio fatte in streaming.
Quello principale è che i film in concorso, praticamente, li abbiamo visti solo sulle piattaforme online, eredità dell'annus horribilis che, ovviamente, non ha risparmiato la settima arte. Poi c'è stata anche la prima volta del trionfo di una canzone in italiano, merito di Laura Pausini, che ha vinto con Io Sì, da La vita davanti a sé di Edoardo Ponti (battuto tra i film stranieri da Minari), miglior canzone originale del 2020. «Mai e poi mai avrei pensato di vincere ai Golden Globe Awards che emozione pazzesca e che grandissimo onore! È veramente un privilegio essere la prima donna ad avere vinto con un brano tutto in italiano. Tutta la mia gratitudine e il rispetto per la meravigliosa Sophia Loren; è stato un onore dare voce al tuo personaggio, per trasmettere un messaggio così importante, di accoglienza e unità». Vittoria che ha ridato fiato al Ministro Franceschini che si è ricordato della settima arte, mettendoci il cappello sopra: «Complimenti a LauraPausini per il prestigioso premio conquistato ieri sera ai goldenglobes. Una vittoria che unisce musica e cinema e che onora l'Italia». E se è vero che i Golden Globe, i premi cinematografici e delle serie tv, attribuiti dai membri della Hollywood Foreign Press (accusati, dal Los Angeles Times, che li ha definiti una casta facilmente influenzabile dagli Studios), sono considerati, in confronto agli Oscar, come «Quello che Kim Kardashian è rispetto a Kate Middleton», qualche indicazione la danno su quelli che potrebbero essere, il 26 aprile, i vincitori delle statuette più ambite.
A partire da quel Nomadland che, dopo il successo a Venezia, bissa diventando il vero trionfatore di questa edizione: miglior film drammatico e, con Chloe Zhao, premio per la regia, prima donna a prevalere dal lontano 1984. Un film indie. La storia è quella di una donna (parte cucita addosso a Frances McDormand) che, causa crisi, rimane senza lavoro e va a vivere in un camper, facendo vita da nomade, attraverso l'Ovest americano. Clamoroso che siano rimasti a mani vuote sia Mank di Fincher, omaggio alla Golden Age di Hollywood (forse, pellicola più da premio Oscar) e, soprattutto, il trasgressivo Una donna promettente, con la meravigliosa Carey Mulligan, battuta, a sorpresa, dall'esordiente Andra Day, protagonista del biopic The United States vs. Billie Holiday, seconda donna nera a vincere come miglior attrice in un film drammatico, dopo Whoopi Goldberg. Premio certamente meritato, come miglior attrice in una commedia, a Rosamunde Pike, splendida procacciatrice di anziani da spennare in I Care a Lot, che ha battuto la favorita Maria Bakalova di Borat - Seguito di film cinema. Titolo imbarazzante che ha trionfato come miglior film comico dell'anno e, grazie a Sacha Baron Cohen (che ha ringraziato polemicamente la giuria tutta bianca), come miglior attore di una commedia; qui, la presa per i fondelli di Trump e Giuliani ha fatto breccia, con una serie di Candid Camera a dir poco cretine. E lo chiamano cinema. Come miglior attore in un film drammatico, invece, è stato premiato lo scomparso Chadwick Boseman per Ma Rainey's Black Bottom. Lo meritava ripensando alle performance degli sconfitti Anthony Hopkins (The Father) e Gary Oldman (Mank)? Più no che sì. Statuette virtuali anche per Jodie Foster (non protagonista in The Mauritanian) e Daniel Kaluuya (non protagonista maschile per Judas and the Black Messiah). Miglior sceneggiatura a Aaron Sorkin per il sopravvalutato Il processo ai Chicago 7 mentre Soul trionfa come film animato.
Per quanto riguarda le serie televisive non stupisce il successo di The Crown che si è aggiudicata il globo come miglior drama. Quella della serie Netflix creata da peter Morgan era una vittoria annunciata. Un successo notevolmente rafforzato dal premio alle due attrici che hanno retto la stagione di quest'anno: Emma Corin/ Lady D che ha vinto nella categoria, Miglior attrice protagonista in una serie drama) e Gillian Anderson / Margaret Thatcher, Miglior attrice non protagonista.
Per quanto riguarda i prodotti distribuiti anche in Italia va segnalato un altro notevole successo targato Netflix. La regina degli scacchi, tratta dal bellissimo e omonimo romanzo di Walter Tevis, ha vinto come miglior miniserie con in aggiunta il quasi scontato premio alla protagonista Anya Taylor-Joy la cui interpretazione della giovane e talentuosa orfana Beth Harmon ha convinto il pubblico prima della giuria.
Alla fine non c'è stata partita nemmeno per una stella hollywoodiana come Nicole Kidman che era la protagonista di The Undoing. Per quanto riguarda i prodotti comedy l'asso pigliatutto è stato: Schitt's Creek (miglior serie comica e miglior attrice protagonista a Catherine O'Hara)
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