Il fatto è di quelli eccezionali, che capitano poche volte in un secolo: un'impresa che ha richiesto decenni di lavoro e dedizione, indagini e viaggi rocamboleschi da Firenze a Madrid, da Parigi a Vienna, culminando nella morte precoce del suo ideatore e diventando per anni una sorta di impresa leggendaria che pareva destinata a rimanere una perenne incompiuta. Un'esplorazione in un universo che una delle menti più brillanti del XX secolo, il critico George Steiner, definì «il vero perno degli studi comparativi europei».
Parliamo dei due ponderosi volumi Poeti latini del Cinquecento di Giovanni Parenti (Edizioni della Normale, 2020, Introduzione ed edizione a cura di Massimo Danzi). Roba che a Perseverance, quanto ad altezza d'ingegno umano, gli fa un baffo. Eppure. Eppure questa pubblicazione memorabile, uscita pochi mesi fa, è passata finora, di fatto, sotto silenzio. Un paio di segnalazioni giornalistiche e basta. Un evento che meriterebbe la massima attenzione mediatica (anche le prime serate sui tiggì, perché no?) avvolto in un colpevole silenzio di tomba. «Poeti latini del Cinquecento?», mi si obietterà. «Lavoro erudito, per pochi specialisti». Ed ecco che qui casca non l'asino (saremmo ingenerosi), ma l'erudito: perché invece la letteratura italiana in latino (per usare una formula coniata da un giovane studioso di queste cose, Marco Leone) fa parte del nostro Dna, in profondità. Qualche esempio? Pensiamo a Dante che in latino scrive autentici capolavori come De vulgari eloquentia (il primo manuale sui dialetti, ma genialmente composto in latino) o De monarchia (un agguerritissimo trattato di politica); Petrarca che pensava di passare alla storia con il poema latino Africa, e non certo con le rime del Canzoniere (chiamate però ostinatamente alla latina Rerum vulgarium fragmenta); gli umanisti, autentiche rockstar dell'epoca (il geniale capellone Poliziano che compone indifferentemente in italiano, latino e greco, Panormita che con l'Ermafrodito anticipa di secoli le teorie gender, Poggio Bracciolini che si rivela un autentico Indiana Jones a caccia di manoscritti perduti per tutta Europa); Giovanni Pascoli che scrive delicatissime poesie in latino, non meno intense di quelle in italiano, fino a Fernando Bandini, poeta molto amato da Vittorio Sereni e Andrea Zanzotto, che in latino firma addirittura un racconto di fantascienza, Mors in spatio. E ancora: i titoli di due tra i più innovativi romanzi italiani non sono in latino, Dissipatio H.G. (cioè Humani Generis) di Guido Morselli e Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo?
Insomma il latino è parte integrale della letteratura italiana. Ma usciamo dagli steccati che magari a qualcuno potrebbero sembrare troppo specialistici della letteratura e parliamo del latino che ci circonda nel vissuto quotidiano: con il nostro cellulare (dal latino cellula) guardiamo un video (parola latina), navigando su internet (prefisso latino inter), e quando abbiamo fame apriamo un frigorifero (latino), e magari quel video è su una delle nostre squadre del cuore, che porta, guarda caso, un nome latino: Juventus, Atalanta, Ajax, fino alla brasiliana Fluminense (da flumen, fiume). Siamo immersi nel latino. Solo che non ci pensiamo. (A proposito di Perseverance: il nome è di origine latina, naturalmente, ed è parola cara al Petrarca latino.) Per non dire, ovviamente, dell'italiano in sé che, come ci ricorda la Treccani, «è la lingua latina così come si è trasformata nel corso dei secoli». E noi questo nostro parente così nobile, forse solo un po' bislacco, come lo trattiamo? Lo ignoriamo. E ne ignoriamo i frutti più scelti della sua letteratura - letteratura che di fatto è una sorta di geniale gemello segreto di quella in italiano.
L'invito dunque è a immergersi nel mare magnum (to', di nuovo latino) offerto dalle oltre mille pagine dei Poeti latini del Cinquecento. I poeti selezionati sono in tutto sedici. Alcuni sono grossi nomi, tra i vertici del Rinascimento italiano ed europeo: Baldassare Castiglione, Pietro Bembo, Giovanni Della Casa. Altri sono importanti intellettuali, che la polvere del tempo ha coperto, ma che all'epoca erano personaggi di assoluto rilievo, come il cremonese Girolamo Vida (noto come il Virgilio cristiano, amatissimo da Ariosto e Milton) o il veronese Girolamo Fracastoro (inventore della parola sifilide, padre della moderna patologia, convinto com'era che le infezioni fossero causate da germi - niente di più moderno insomma). Il fatto incredibile è che le loro opere mantengono una grande vivacità e originalità, sono testi universali, in grado di parlarci ancora oggi: ecco allora lo Scacchia ludus di Vida («Cantiamo scherzando di come due re, uno bianco e uno nero, scendano sul campo ad affrontarsi in armi di due colori») e il nostro pensiero va subito alla serie La regina degli scacchi; con la Syphilis di Fracastoro si è dentro la tragedia delle epidemie («Anche questa peste nefanda che, lo vedete, ci devasta le membra, e che nessuno o in pochi riusciamo a evitare infierisce da allora per tutte le città»); Flaminio dà voce alla fedeltà incondizionata di una cagnolina e l'icona di Hachiko è dietro l'angolo («per non perderti, devo percorrere miglia e miglia ogni giorno. Preferirei cadere io stessa preda dei lupi, piuttosto che abbandonarti»); con Priapus l'insospettabile Bembo narra di un viagra ante litteram («No, è un'erba tutta diversa, adatta a ben altri usi»); Sadoleto racconta praticamente in diretta, a scoperta appena avvenuta, il realismo ipnotico del gruppo marmoreo del Laocoonte («uno assale, d'un guizzo, e tutto, da capo a piedi, avvolge Laocoonte, e gli si avventa all'inguine»).
A questi racconti si accede attraverso le pregevoli traduzioni in prosa - per i più arditi c'è il testo latino a fronte, ripescato nei manoscritti e nelle
stampe che l'hanno tramandato nei secoli, e qua il lavoro di segugio di Parenti è esaltante e commovente. Inutile girarci intorno: Poeti latini del Cinquecento è una delle imprese letterarie più importanti del XXI secolo.
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