Bello anche con uno sfregio sul volto, aitante anche zoppo. Quando incarnava, sullo schermo, il marito di Angelica, la marchesa degli angeli (era Michele Mercier), Robert Hossein faceva battere i cuori. L'attore, regista e drammaturgo si è spento giovedì all'età di 93 anni, stando all'annuncio della moglie Candice Patou, per via d'una complicazione polmonare dovuta al Covid-19.
Personaggio di spicco della Settima Arte, Hossein era noto per i suoi spettacoli teatrali d'impianto monumentale e popolare ed aveva una sua scuola di teatro, dalla quale è uscita l'attrice Isabelle Adjani. Al cinema ha sempre incarnato il bel bruno tenebroso, ruolo che peraltro gli andava stretto. Le signore lo ricorderanno soprattutto come patriota nel film di Gigi Magni Nell'anno del Signore, che fu un successo dei Sessanta. «Sono schiavo della mia immagine», si lamentava colui che, per Marguerite Duras, era diventato «il Casanova delle sartine». Con la Duras, Robert avrebbe scritto e diretto il film intellettuale La musica. Direttore artistico del teatro Marigny dal 2000 al 2008, cercava di parlare più al cuore che alla ragione, proponendosi al pubblico come intrattenitore-pedagogo, pronto a interrogare gli spettatori. Come quando, in Ben Hur, un gladiatore si rivolge agli spettatori, chiedendo loro di agitare un fazzoletto, per sapere se uccidere o no la sua vittima. Oppure, quando in Jésus était son nom, fece distribuire dei pani in platea: 790mila spettatori in tre mesi. Oltre ai grandi spettacoli, Hossein ha recitato in una trentina di spettacoli, allestendo un Ernani per la Comédie Française.
Sensibile e profondo, ha avuto accanto le star più seducenti. Da Brigitte Bardot, partner ne Il riposo del guerriero (1962) di Roger Vadim a Marina Vlady, sposata nel 1955, e a Sophia Loren, coprotagonista di Madame Sans-Gêne.
Il regista Claude Lelouch si dichiara «disperato» per la morte dell'amico, ritrovato un mese fa per un film girato insieme, quarant'anni dopo Gli uni e gli altri (1981). «Sono triste perché era un uomo importante per il cinema, il teatro e lo spettacolo tout court», riflette Lelouch. «Arrivederci, Robert. Riposa in pace», dice su Facebook Jean-Paul Belmondo, suo partner ne I professionisti (1981). «Con Robert Hossein scompare tutta una generazione di talenti e di eleganza. Aveva fascino slavo e talento d'attore», gli rende omaggio BB.
Protagonista, tra i Cinquanta e i Sessanta, del cinema popolare francese - nel suo carnet, noir e mélo -, Hossein era nato a Parigi nel 1927, come Abraham Hosseinhoff, figlio del direttore d'orchestra André e dell'attrice ucraina Anna Minevskaya. Dopo anni di gavetta, conobbe la popolarità con Rififi (1955) di Jules Dassin, dov'era il selvaggio Rémy. Del resto, amava i lupi e si vedeva come «un lupo nella steppa».
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