Ron ha scelto il palco del Salone delle Feste al Casinò di Campione d'Italia per presentare al pubblico il suo ultimo lavoro, “La forza di dire sì”, doppio cd con 24 duetti e tre brani inediti in vendita negli store digitali e nei negozi di dischi da venerdì 11 marzo.
Si tratta di una raccolta di canzoni che hanno segnato il percorso artistico del cantautore pavese (è nato a Dorno) e che lui ha voluto riarrangiare e cantare con ventiquattro colleghi della musica italiana. Tutti ben lieti di partecipare a questo progetto: sostenere l’Aisla, l’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica.
I proventi delle vendite del disco, infatti, verranno devoluti alla ricerca scientifica per combattere la Sla e tutti gli artisti coinvolti hanno rinunciato ai loro compensi per dare un segnale forte contro una malattia per la quale non esiste ancora una cura.
Nel corso della serata, Ron si è esibito sul palco con una scaletta variegata di tanti successi. Forte anche la presenza del compianto Lucio Dalla, vivo in canzoni come “Attenti al lupo” (scritta da Ron ma portata al successo dall’artista bolognese) o “Piazza Grande”. L'affetto e la stima per Dalla sono comparsi anche nelle parole che Ron ha speso, intrattenendo la platea, per ricordare alcuni aneddoti.
Accompagnato dalla band La Scelta (chitarra, basso, batteria e tastiere) e dal violoncello (e seconda voce) di Giovanna Famulari, Ron si è diviso tra la chitarra e il pianoforte, per due ore di spettacolo, grazie ad una voce potente e una splendida forma.
Prima dell’esibizione però, ci ha concesso una breve intervista per raccontare il nuovo disco e fare il punto sulla sua carriera.
Com’è avvenuta la scelta degli artisti per i 24 duetti?
È avvenuta molto istintivamente. Ascolto gli altri e mi piaceva l’idea di cantare con persone che stimo molto. Non che gli altri non li stimi, ma nell’album ci sono cantanti con cui ho cantato molto volentieri. Devo dire che nessuno di loro si è inventato un “Mah, vediamo…”. Hanno detto tutti di sì; anzi, un paio mi hanno detto no. Magari avevano altro da fare, ma i nomi non si dicono”.
Tanti giovani, anche usciti dai talent, tra i cantanti presenti nell’album. Perché questa scelta?
Non ho mai avuto niente contro i talent, anzi ho apprezzato molto l’attenzione di questi ragazzi: sono bravi, sia Marco Mengoni che Lorenzo Fragola. Emma poi è eccezionale. Ho scelto quelli che mi sembravano più talentuosi. Poi, la dico anche tutta, non è che di questi tempi si vendono tantissimi dischi. Avere nell’album persone che hanno milioni di follower, milioni di fan, è interessante, anche perché loro stessi si spendono sui social per promuovere il disco. Questo vuol dire molto, mi auguro che questo possa essere un buon veicolo per vendere tante copie.
E Ron come si pone con i social network?
Sono un po’ negato proprio ad agire manualmente, ma sono spesso sui social. Mi interessa capire i giovani, come si esprimono. E tra le cose inutili, trovi delle cose bellissime. Trovi anche degli spunti, è un mondo affascinante.
Per un artista ogni lavoro è come un figlio. Si amano tutti allo stesso modo o ce n’è uno che si ama di più?
Non è che ne preferisco uno più di un altro. Sono nato musicalmente nel ’70, avevo 16 anni, e sono passato attraverso valli meravigliosi, valli oscure, torrenti, laghi, fino a buche profonde. So cosa vuol dire questo lavoro: vuol dire anche non avere sempre il successo con la stanghetta al massimo; ci sono momenti dove cambi, dove cresci, diventi più coraggioso e ti metti a fare altre cose. Credo sia anche questo il fascino del mestiere per un artista.
Prima si parlava di talent, possiamo dire che Lucio Dalla è stato uno dei primi veri talent scout?
È vero, non c’è dubbio. Lucio è sempre stato uno di quelli ad avere la sensazione che i bravi sono per strada, non sono mai in televisione. Non io, che andai a Sanremo proprio perché avevo vinto un concorso per voci nuove, ma Lucio amava molto le persone che andavano a bussare a casa sua. E ne arrivarono tanti: Samuele Bersani, Luca Carboni, gli Stadio.
Dopo questo disco partirà anche un tour?
Io non potrei mai fare a meno del palco. Se potessi stare continuamente sul palco, sarebbe una gioia infinita, perché mi lascio andare molto, crollano tutti i muri: è la mia dimensione. Rosalino diventa Ron e Ron diventa Rosalino. C’è una voglia incredibile di interagire con la gente, col pubblico, per cui sicuramente farò un tour, ma i dettagli sono ancora in fase di definizione.
C’è un duetto irrealizzabile?
Ormai sto scoprendo che non c’è
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