È da poco uscito Per il gran mare del poeta Andrés Sánchez Robayna (Passigli, pagg. 124, euro 15; trad. Valerio Nardoni) che segue, nella stessa collana, le raccolte dello stesso autore Il libro, oltre la duna (2008), dove il richiamo alla sabbia delle Canarie è metafora del tempo che scorre, e Dell'ombra e l'apparenza (2012), testimonianza di una riconciliazione dell'uomo con se stesso mediante la parola poetica in cerca della materia, luogo epifanico dove il nulla e il silenzio custodiscono la verità.
Per il gran mare titolo tratto da un verso del Paradiso (I, 113) di Dante è testimonianza di vita in cerca di un equilibrio interiore; un viaggio alla conquista di uno spazio magico e sacro, contemplato attraverso la luce, i suoni, i profumi e il mare aperto dell'isola dove abita la bellezza. Poesia lontana da intenti ideologici e utilitaristici, poiché fedele solo alla forza espressiva del linguaggio che si fonda sugli aspetti sonori e formali del testo mediante l'impiego di schemi arditi, interessati a un principio di essenzialità. Nei confronti della poesia precedente, la nuova raccolta mostra una maggiore aderenza alla realtà, filtrata attraverso la memoria che conserva il doloroso evento della perdita della persona amata. Una memoria viva e attenta, pronta a confondersi con l'accadimento dei fatti, labili e inerti, colti attraverso una tensione contemplativa in cui l'indicibile è l'altra parte del reale che solo la parola poetica può raggiungere. In questo dinamico continuum tra passato e presente l'immagine del mare, la sua onda che va e viene, avanza e retrocede, non è solo metafora di un movimento infinito, ma porta in sé scrive Antonio Prete «il nostro tempo interiore, il nostro transitare nel tempo, il nostro essere frammenti del tempo». Accade così che anche i rintocchi mattutini delle campane leggiamo nella V lirica siano suoni in cerca di una liberazione «in sé, nella materia» che si espandono nell'eterno. Scaglie di vita quotidiana che scandiscono l'abbagliante presenza del paesaggio e il cammino dell'esistere umano, dove tutto si confonde.
La poesia di Sánchez Robayna modula temi che attengono al mondo dell'insularità, estranei a ogni preoccupazione sociale ed esistenziale, e quindi assumono il valore di un evento epifanico, teso a restituire una visione magica e incantata della realtà, raggiunta attraverso l'adesione del poeta alla natura e all'universo.
Dunque poesia intesa non come evasione della realtà, ma quale atto di fede nel processo di creazione della parola capace di rappresentare la vera immagine del mondo in cui dolore, amore, gioia si fondono nella luce radiosa delle Canarie.
Il paesaggio insulare dell'infanzia, la scoperta e la perdita dell'amore, la vita e la morte sono temi che alimentano le liriche di questo libro dove la presenza dell'amata perduta aleggia intorno e il suo volto si specchia in cielo nei disegni creati dalle nubi nei giorni tempestosi dell'autunno. Invoca il poeta: «Amore mio, che il dio dell'impossibile / deponga l'inclemenza, annienti il tempo».
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