La battaglia condotta da Martin Luther King continua a vivere nell’America di oggi, ma non è tutto oro quel che luccica. Il regista Sam Pollard ha acceso i riflettori sull’ossessivo controllo dell'FBI nei confronti dell’attivista di Atlanta, grazie a nuovi documenti resi accessibili dal Freedom of Information Act. L’allora direttore dei servizi segreti John Edgar Hoover ha usato ogni mezzo a disposizione per delegittimarlo, puntando sulle frequenti infedeltà coniugali – ma anche sul presunto legame con il comunismo – per denigrare la sua immagine pubblica. Vincitore di un Emmy Award con “By the People: The Election of Barack Obama” e nominato agli Oscar per “4 Little Girls”, Sam Pollard è intervenuto ai nostri microfoni per presentare il suo docu-film "Martin Luther King vs FBI", nelle sale italiane con Wanted Cinema e il patrocinio di Amnesty International Italia.
Tra realtà e fake news, che ruolo ha avuto il comunismo nel percorso di Martin Luther King?
"Il dottor King non ha mai nutrito interesse per il Partito Comunista, nonostante l’FBI avesse questa impressione per il fatto che avesse legami con Stanley Levison e altri intorno a lui avessero responsabilità all’interno del movimento comunista".
Quanto è stato difficile mettere insieme tutti i documenti desecretati su Martin Luther King?
"Il processo richiede tempo, ma non è stato particolarmente difficile raccogliere il materiale consultando il Freedom of Information Act (legge sulla libertà d’informazione, ndr)".
Le pratiche di John Edgar Hoover restano un brutto ricordo oppure ancora oggi c’è il rischio di situazioni simili?
"Ciò che Hoover e l’FBI hanno fatto non dovrebbe essere considerato come qualcosa accaduto nel passato: i servizi segreti ricorrono tutt’ora a tali metodi come quelli per indebolire e danneggiare persone e organizzazioni.Hanno l’impressione che distruggeranno l’idea della democrazia americana".
Considerando che il docu-film affronta aspetti personali ed extra-coniugali della vita di Martin Luther King, ha avuto un confronto con la sua famiglia prima di iniziare a lavorare?
"No, non abbiamo avuto alcun contatto con la famiglia del dottor King in alcun momento durante le riprese".
I mass media e le chiese non hanno dato grande importanza all’elemento intimo e scandalistico legato a Martin Luther King, mentre oggi la situazione sembra cambiata, sia negli Usa che nel resto del mondo. Perché secondo lei?
"Non sono d’accordo: i media, secondo me, dedicano meno tempo all’aspetto privato e più tempo ad erigere il dottor King a Santo, dimenticandosi come fosse percepito da molti americani quando era in vita".
Martin Luther King e John Edgar Hoover si sono proposti come difensori del sogno americano: come valuta questa contrapposizione?
"Sì, entrambi si sono proposti come difensori del sogno americano, ma bisogna chiedersi cosa significasse il sogno americano per King e cosa significasse per Hoover. Questo è un qualcosa su cui questo Paese discute tutt’oggi: il 6 gennaio 2021, l'assalto alla Casa Bianca, è un esempio perfetto".
Il docu-film pone interrogativi degni di nota: secondo lei cosa significa “libero” in America nel 2022?
"È una domanda complicata, la risposta varia a seconda di dove uno colloca se stesso nella traiettoria della storia americana".
E cosa vuol dire “americano”?
"Lo chieda ad un afroamericano e ad un uomo bianco e avrà due risposte drasticamente differenti".
Nonostante l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca al posto di Donald Trump, continuano le violenze della polizia contro i neri. Come se lo spiega?
"Guardi il lascito, l’eredità di questo Paese e otterrà la sua risposta".
Oggi i no vax usano il termine di segregazione: qual è la sua opinione?
"No comment".
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