Scienza, musica, bulli. Il talk di Barbareschi "in barba" al buonismo

Da lunedì sera l'attore condurrà uno show in 8 puntate: "L'ospite è sacro, userò l'ironia"

Scienza, musica, bulli. Il talk di Barbareschi "in barba" al buonismo

Un mattino Luca Barbareschi propone a suo figlio: «Andiamo allo zoo?». Poi si corregge: «Volevo dire: andiamo al Bio Parco?». «E che differenza c'è?», chiede il ragazzino. «Nessuna ribatte lui - La giraffa morente è la stessa; lo scimmione malato e l'ippopotamo depresso anche. Ma forse, ora che si dice bio Parco, saranno più felici». Caustico Barbareschi. La battuta anti-politically correct dà un'idea di cosa l'irriverenza e l'humor dell'attore combineranno con In barba a tutto: nuovo talk in otto serate, da lunedì 19 in diretta alle 23,15 su Raitre, in cui gli argomenti più conformisti dalla cultura alla politica, dallo spettacolo al costume - saranno passati nel suo caustico setaccio in barba a qualsiasi autocensura ideologica. «Il politicamente corretto sta diventando il tumore della cultura occidentale. Avete letto le nuove regole stabilite dall'Academy di Los Angeles? Per concorrere all'Oscar un film dovrà avere un 30 per cento di attori o tecnici disabili, un 30 di transgender, un 30 di gruppi sottorappresentati, un 30 di rappresentanti Lgtb...».

Barbareschi non sa se ridere o piangere. «Ormai siamo al delirio. Quale mente malata può immaginare follie simili?». Sbaglierebbe, peraltro, chi da questo ritorno in tv dopo sette anni (l'ultima volta fu a Tale e Quale Show) s'aspettasse attacchi infuocati sul tipo, per intenderci, di quello lanciato dall'attore domenica a Non è l'Arena contro i teatri privati (e subito seguito dalla furibonda replica dell'associazione Atip): «Stavolta la mia arma sarà principalmente l'ironia tranquillizza fin d'ora Barbareschi (che forse in omaggio al titolo esibisce un'inedita barba bianca) - In ogni puntata affronterò tre temi attraverso altrettante interviste, cercando di rimettere in moto i cervelli, di portare un po' di luce kantiana nel buio del conformismo scervellato. Ma sempre con leggerezza».

Eccolo allora, per la prima puntata, discettare con l'astrofisico Luca Perri di scienza e romanticismo («Cosa accade veramente nello spazio?»), con Katia Ricciarelli di lirica, maschilismo e competenza («Ma i sovrintendenti sanno leggere la musica?»), con Morgan di bullismo e bodyshaming («Qual è la vera bellezza? E la vera bruttezza?»). «Poi mi piacerebbe invitare anche Paolo Cirino Pomicino, il ministro della Giustizia Cartabia, quello della Cultura Franceschini...». A contrappuntare battute e dissacrazioni, in uno studio arredato come un loft newyorchese, la jazz band di Marco Zurzolo.

Ma fino a che punto si può credere alle buone intenzioni dell'intervistatore? «In politica si dice il mio avversario, il mio nemico. Ma a me 1200 ore di show in America, con maestri come Johnny Carson o David Letterman, hanno insegnato che l'ospite è sacro. Che il confronto dev'essere un'opportunità di crescita reciproca. È internet che ha falsato i nostri rapporti. Ti illudi di avere tremila amici quando saresti già fortunato ad averne uno solo. Ma autentico. Meglio ancora se di parere opposto al tuo». Del resto andare controcorrente, per lui, è questione di sopravvivenza intellettuale: «Gli aerei decollano solo controvento. Se no cadono». Ma il confronto deve restare senza pregiudizi: «Vorrei partecipare ad una crociera di terrapiattisti. E poi vedere cosa succede quando la nave arriva alle Colonne d'Ercole». Anche perché il confronto può riservare sorprese inattese: «Oggi il mio miglior amico - chi l'avrebbe mai detto? - è Paolo Rossi. Ci telefoniamo ogni giorno. E ieri m'ha confidato: Avremmo dovuto parlarci meglio, 30 anni fa».

Quanto agli argomenti che verranno via via trattati, l'elenco delle follie indotte dalla dittatura del pensiero unico è lungo: «Penso a quelli che pretendono di boicottare Beethoven perché l'incipit della Quinta Sinfonia dimostrerebbe che era uno stupratore di donne. L'altro vaccino di cui c'è urgente bisogno, ma che ancora latita, è quello contro la stupidità».

E toccherà anche il più intoccabile degli argomenti politicamente corretti, la parità di genere? «Lì il problema non sono le scelte personali, che devono sempre rimanere libere, ma la realtà biologica. Un uomo può anche uscire con rossetto e tacco dodici: è libero di farlo. E può perfino diventare presidente degli Stati Uniti. Ma sempre uomo resta».

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