Conosciamo l'Andre Marlaux scrittore, avventuriero, homme engagé, compagno di strada dei repubblicani spagnoli e figura di spicco della Resistenza francese, il Marlaux vincitore del premio Goncourt con La condition humaine e ministro della Cultura di Charles de Gaulle, ma ingiustamente ci siamo dimenticati del Marlaux regista e critico cinematografico, del suo amore travolgente per la settima arte, che fin da piccolo ha segnato la sua esistenza. Il settimanale francese Marianne accende i riflettori sull'altro Malraux, «il cinefilo contrariato», come lo definisce Oliver de Bruyn, sul piccolo André che assisteva incantato alle proiezioni del cinema ambulante di Bondy, periferia popolare a nord-est di Parigi dov'era cresciuto con la madre e la nonna, sull'esteta che pubblicherà una potente riflessione tra la settima e le altre arti, Esquisse d'une psychologie du cinéma, sul cineasta che nel 1938 decide di mettere su celluloide il contenuto di uno dei suoi romanzi più intensi, L'espoir, realizzando il primo e unico film della sua vita. A scuola si sente troppo soffocato André, a quattordici anni non vede l'ora di correre dai bouquinistes sui lungosenna, ma soprattutto di andare al cinematografo. Ama i film muti americani e non perde un fotogramma che sia uno di quel londinese formidabile con bombetta e bastoncino che fa emozionare il mondo: Charlie Chaplin. Negli anni Trenta, Malraux si appassiona dei grandi registi russi, Eisenstein, Pudovkin, Dovjenko, e si interroga sulle possibilità di quest'arte che sembrano infinite. Nel 1939, la rivista Revue ospita la sua Esquisse d'une psychologie du cinéma, testo avanguardista che prende in contropiede gli intellettuali dell'epoca. «Il cinema è un'arte, ma è anche un'industria», sentenzia Marlaux, non si può continuare a negare il rapporto tra estetica e logica industriale, il cinema è un'impresa collettiva, non individuale. Tre anni prima, Malraux è il militante che dirige in Francia il comitato mondiale antifascista, è l'appassionato di aviazione che forma la Escuadrilla España, è il fervente antifa che si unisce ai repubblicani spagnoli. Dall'esperienza della guerra civile spagnola, nasce nel dicembre 1937 il romanzo L'espoir. Che l'anno successivo diventerà un film: Espoir, sierra de Teruel. Girato in Catalogna in condizioni precarie, la pellicola mostra i combattimenti dei repubblicani spagnoli con un realismo e un lirismo che per molti critici anticipano i film di Roberto Rossellini e la sua trilogia della guerra antifascista. Nel 1945, Marlaux venne insignito del prestigioso premio Louis-Delluc e acclamato dalla critica. Forse avrebbe continuato la sua carriera di cineasta e critico cinematografico se un certo De Gaulle non lo avesse voluto al suo fianco prima come ministro dell'Informazione, poi come ministro della Cultura. Furono anni tumultuosi. Nel 1966, Jean-Luc Godard lo definì «un vigliacco» in una lettera incendiaria, per aver accettato tacitamente la censura dell'adattamento cinematografico de La Religiosa di Jacques Rivette. Due anni dopo, con l'«affaire Langlois», dal nome del direttore della Cinémathèque e idolo dei cinéphiles, allontanato per la gestione disastrosa delle finanze, si rompono definitivamente i suoi rapporti con il mondo del cinema francese.
In cuor suo, si augurava un destino diverso con quell'arte che aveva tanto amato. Oggi, a Bondy, c'è un'unica sala cinematografica, troneggia nel cuore della città ed è intitolata al più illustre dei suoi figli: André Malraux.
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