Sesso, soldi e potere ma quante lacune in 1992, la serie tv su Mani pulite

La fiction "1992" parla dell'inchiesta Mani pulite e delle vicende che portarono alla fine della Prima Repubblica. Poca politica e si vede subito che nel "mirino" c'è Berlusconi

Sesso, soldi e potere ma quante lacune in 1992, la serie tv su Mani pulite

Si parte subito in quarta, con lo spettacolare arresto di Mario Chiesa. Del resto non poteva essere altrimenti. Tangentopoli è iniziata da lì, dal Pio Albergo Trivulzio, noto ai milanesi come la "Baggina", l'istituto di ricovero per anziani a cui capo c'era l'esponente socialista. Chiesa intasca una mazzetta, gli inquirenti ascoltano tutto grazie a una microspia e irrompono nel suo ufficio. A nulla servono le scuse di Chiesa e del suo avvocato. Le banconote sono siglate, una ad una, e fotocopiate. Non si scappa. La tangente, pagata dall'imprenditore Luca Magni (sette milioni di lire, la prima di due rate, per un appalto complessivo di 140 milioni), dà il via all'inchiesta passata alla storia come "Mani pulite". Nasce Tangentopoli e, nel giro di pochi mesi, un'intera classe politica crollerà sotto i colpi della magistratura. La serie tv di Sky "1992" inizia così, con Antonio Di Pietro subito protagonista.

Al centro della storia ci sono sei persone comuni, la cui vita si intreccia con il terremoto politico, civile e sociale innescato dalla maxi inchiesta. I personaggi di fantasia si muovono in parallelo a quelli reali. Questo per permettere agli autori un certo margine di libertà nello sviluppo della storia, che corre lungo i binari della realtà. Nelle prime due puntate trasmesse da Sky vengono subito ben tratteggiati i protagonisti: Leonardo Notte (Stefano Accorsi), rampante pubblicitario esperto di marketing, che lavora per Publitalia; il poliziotto Luca Pastore (Domenico Diele), che entra a far parte del pool di Mani pulite proprio quando inizia l'inchiesta; Bibi Mainaghi (Tea Falco), figlia viziata di un imprenditore milanese colluso con la politica; Veronica Castello (Miriam Leone), bella showgirl disposta a ogni compromesso pur di sfondare in tv; Pietro Bosco, ex militare rientrato dall'Iraq, che inizia un'avventura politica militando nella nascente Lega Nord. Accanto a loro ci sono i protagonisti reali, a partire da Antonio Di Pietro (interpretato da Antonio Gerardi), Piercamillo Davigo (Natalino Balasso), Francesco Saverio Borrelli (Giuseppe Cederna), Gherardo Colombo (Pietro Ragusa). Tra i personaggi veri c'è anche Marcello Dell'Utri (Fabrizio Contri), che fin dall'inizio apprezza le doti di Notte.

Il racconto ha ritmo e gli attori sono bravi. Belle le musiche, tutte rigorosamente di quel periodo ("Non amarmi", di Aleandro Baldi e Francesca Alotta, "Everybody hurts" dei Rem), interessanti gli spezzoni dei tg dell'epoca.

Ma a chi non ha vissuto quel periodo o letto qualcosa, questa serie fornirà qualche informazione utile per capire cosa è stata davvero Tangentopoli? Secondo noi no. Del resto non c'era d'aspettarsi troppo: si tratta di fiction non di un documentario e tantomeno di un approfondimento storico. In "1992" si capisce che si vuole andare a parare in una certa direzione. Il messaggio viene messo in bocca a Dell'Utri, che parlando con il rampante Notte (Accorsi) senza mezzi termini gli indica il suo obiettivo, con un mix tra spregiudicata filosofia politica e marketing: "Bisogna salvare la Repubblica delle banane". E il riferimento non è tanto all'impresa (Publitalia) quanto alla politica, la nuova formazione che dà lì a pochi mesi vedrà la luce. Per il resto c'è molta superficialità e una grande banalizzazione. Siamo solo alle prime due puntate ed è probabile che, grazie ai personaggi di fantasia, la serie vivrà un crescendo di emozioni e colpi di scena. C'è da sperarlo. Perché se dovessimo limitare il giudizio alla prima parte della storia, la delusione sarebbe grande. E non perché sappiamo già come va a finire.

La politica vera si vede solo sullo sfondo: nei manifesti elettorali, nei comizi di Umberto Bossi e poco altro.

Tutto qua? Chi ha visto House of cards sa come si può trattare l'argomento in una serie tv. Fiction, sì, ma con molta più sostanza. Tutta un'altra cosa rispetto a 1992. Forse il problema, per la serie ideata da Accorsi, è che si dovevano fare i conti con la realtà. E si è preferito limitarsi ai cliché.

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