Ci ha messo undici anni per ascoltarsi. Undici anni da quando cantava il brano che l'ha consacrata: quel profetico, sognante motivetto Sincerità. Ieri ha deciso di darsi retta e noi abbiamo visto per la prima volta la faccia di Arisa. Quella vera, che fino a ieri si era nascosta dietro un perenne fumetto, per poi virare dietro un'ulteriore, improbabile metamorfosi da immusonita, arrabbiata femme fatale. Arisa ha deciso di presentarsi a se stessa e al mondo con il suo «viso naturale». Lo ha fatto naturalmente sui social, perché avesse l'effetto di una doppia confessione e perché oggi, si usa così. Quindi niente trucco, niente bronci, niente inquadrature di tre quarti. Pelle pulita e sguardo in camera. In uno sperticato elogio dell'autoaccettazione, che è sempre un buon punto di partenza, oltre che di arrivo. «Basta filtri, amiamoci per ciò che siamo», recita il post di accompagnamento. Speriamo davvero sia una conquista e non il sintomo, l'inizio di un crollo strutturale come la rottura del femore per gli anziani. Perché per chi è abituato a vivere di e sui social, questi disvelamenti improvvisi e plateali rischiano di avere il senso, o almeno l'effetto, di una resa, un po' come smettere di vestirsi durante la quarantena. Ma per Arisa ci piace pensare sia l'inizio di una nuova pace reale. Dopo infinite metamorfosi alla ricerca di chi essere, e come e con quanta forza. Ci piace pensare che la vita l'abbia irrobustita e non fiaccata. Che dopo caschetti geometrici, ancor più geometriche montature di occhiali, rossetti indelebili e trucchi che parevano la tavolozza di un esponente della pop art, Arisa abbia deciso di essere solo... Arisa. Imparare a conoscersi sarà una nuova, emozionante avventura. «Io lo so che non sono bella come le tipe che vedo sui giornali e sui social, ma non voglio che sia più un mio problema» ha spiegato la cantante il primo giorno del resto della sua vita.
Vorremmo davvero fosse un inno alla vita e non un grido di dolore. Ma a farci ben sperare c'è quella sua canzone del 2009, quella che l'ha consacrata e che, in fondo, bastava ascoltare: «Sincerità, adesso è tutto così semplice...».
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