Certo a leggere gli incassi in Usa degli ultimi due film dei nostri cineasti più affermati, si rimane di stucco: 18mila dollari per Reality di Matteo Garrone e 144mila per This Must Be the Place di Paolo Sorrentino. Il film di Garrone è uscito un paio di settimane fa in due sole sale di New York e Los Angeles con una piccola distribuzione, ed è già un miracolo il risultato ottenuto. Così come il tour che inizierà la prossima settimana in giro per l'America, 26 città da Boston a Chicago, da San Francisco a Washington. Tutto grazie alla notorietà che Garrone si è conquistato negli States con Gomorra quando aveva incassato un milione e mezzo di dollari. Diverso il discorso per Sorrentino che, al contrario di Reality con interpreti sconosciuti all'estero (la promozione ha dovuto evocare i fantasmi di Fellini e di Buñuel), aveva attori premi Oscar come Sean Penn e Frances McDormand e alle spalle la distribuzione molto più forte della Weinstein Company. La società guidata da Harvey Weinstein, l'uomo specializzato nel fare incetta di statuette, lo stesso che ha portato Michelle Obama a collegarsi in diretta per la prima volta nella storia dalla Casa Bianca ai recenti Oscar. E visto che aveva fatto uscire il film di Sorrentino ai primi di novembre, molti hanno sperato in qualche candidatura, magari per Sean Penn. Invece nisba. La carriera americana di Sorrentino s'è subito arenata (ci rimane solo Gabriele Muccino) e il regista napoletano ha ripiegato sul molto autarchico affresco romano de La grande bellezza con Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, l'attore feticcio Toni Servillo e addirittura Antonello Venditti, che vedremo in concorso al prossimo festival di Cannes prima dell'uscita nelle sale, il 23 maggio.
Speriamo che almeno questa vetrina internazionale possa aiutare il nostro cinema che già in patria sta vivendo momenti difficili.
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