Stivali, palloni e Ddt: la musica italiana segreta da Battiato a Battisti

Disinfestazioni dei locali beat e film horror: in un libro i retroscena dei dischi di culto

Stivali, palloni e Ddt: la musica italiana segreta da Battiato a Battisti

Eh sì, tra il 1964 e il 1976 - parallelamente al mondo del pop commerciale - in Italia si svilupparono una serie di eresie musicali che caratterizzano la "storia segreta della musica italiana", condensata nell'interessantissimo libro di Valerio Mattioli Superonda (Baldini&Castoldi, pagg.659, euro 20), un vademecum sui suoni alternativi - da Morricone a Battiato, dall'agitatore culturale Mario Schifano a Lucio Battisti passando per il progressive rock e l'avanguardia di Berio e Maderna - che hanno segnato in modo sotterraneo le strade della musica italiana. Già, perché troppo impegnati a parlare o straparlare di politica e a fare espropri proletari, molti fricchettoni non capirono le imprese avanguardistiche di Mario Schifano (artista maledetto frequentatore del bel mondo, che era comunista ma vendeva quadri persino agli Agnelli), amico di Gerard Malanga (storico collaboratore di Andy Warhol) e dell'avvenente Anita Pallenberg, ben introdotta nei giri artistici che contavano. Sull'onda dell'Exploding Plasting Inevitable, lo show multimediale che accompagnava i concerti dei Velvet Underground, insieme al rampollo di buona famiglia Ettore Rosboch (bohemien che suonava il beat nello sconosciuto Gruppo 66) fu deus ex machina, nel '67, della band Le Stelle di Mario Schifano, gruppo stranissimo in cui Schifano (che in quel periodo dipingeva stelle da applicare come motivo pop a smalto o spray) fondeva musica, proiezioni e artwork.

Prima che l'Equipe 84 (sempre in guerra con i Rokes come i Beatles e i Rolling Stones de noantri) sfoggiasse la sua "comune" (sul modello dei Grateful Dead) in una villa liberty di Milano, i beatnik milanesi avevano cominciato a farsi notare con la rivista Mondo Beat e con un grande spazio all'aperto in via Ripamonti che faceva da casa a tutti i ribelli dell'epoca. In breve l'area fu sgombrata dalla polizia con tanto di elicotteri, cariche e disinfestazioni con il Ddt mentre il Corriere scriveva che i ragazzi "portano capelli da donna e fanno pochi bagni". Anita Pallenberg fu la Musa che legò jet set internazionale e cultura hippie in Italia e nel mondo, così come Romina Power - prima di dedicarsi alle canzoncine melense con Al Bano - girava film erotici, stava con tale Stash, autoproclamatosi "hippie di lusso", e se la spassava con Paul McCartney, Brian Jones e gli Who.

Le commistioni fra arte e musica, all'insegna dello sperimentalismo più completo e della passione per Philip Glass (che prima di esplodere faceva l'idraulico) e Terry Riley, presero piede in Italia grazie ad Alvin Curran e soprattutto a Simone Carella, poeta freak, impresario, regista e autodefinitosi "accattone d'elezione". Carella, finito nei guai per aver esposto alla Biennale di Venezia del '72 un ragazzo down davanti a un cubo invisibile, fu il responsabile della trasformazione del club Beat 72 nell'anti Piper. Nacquero dischi di personaggi come Maria Monti (quella che era stata a Sanremo e cantava il folk) come Il bestiario, su testi del poeta Aldo Braibanti e le performance del Giardino magnetico di Alvin Curran. Ai gruppi del minimalismo storico, come i Prima Materia, si aggiungono quelli che sperimentano tra jazz e suoni etnici come Living Music, Brainticket e soprattutto Aktuala, che riscossero un buon successo di pubblico e critica. Da non dimenticare le sperimentazioni di Fetus (1972), il disco - che pare una anticipazione fricchettona dei Devo - di Franco Battiato che ha cambiato la musica italiana. Il suo seguito, Pollution ('73), fu talmente apprezzato da Frank Zappa, da spingerlo a regalare a Battiato un paio di stivali da cowboy di un giallo accesissimo.

Un lungo capitolo del libro è dedicato al rock progressivo e ai motivi per cui è diventato così popolare da noi. Forse - spiega l'autore - perché «negando le radici blues del primo r'n'r, eliminava il principale motivo di alterità tra la tradizione popular angloamericana e quella dell'Europa continentale». C'è una pletora di gruppi come Quella vecchia Locanda, Biglietto per l'Inferno, Trip e i meno noti Jumbo, di cui oggi è ricercatissimo l'album DNA, pregno di hard blues e di sonorità alla Jethro Tull. Non si può dimenticare la musica dei B movie, che dalle sperimentazioni di Morricone a quelle di Nico Fidenco passa per gli horror musicati dai Goblin. "Di demoniaco non avevamo veramente nulla - se la ridono i Goblin - semmai eravamo appassionati di fumetti come Kriminal e Satanik. Quando registrammo Suspiria non ha idea di quanto ci siamo divertiti... Con quelle voci dell'oltretomba, quei versi strani ci scappava da ridere. Poi la gente le ascolta e si caga sotto dalla paura, ma se solo sapesse la verità". Né c'è da dimenticare il Lucio Battisti di Anima latina, il suo album più diverso, annunciato in un'intervista (la prima dopo molti anni) a Ciao 2001 (la rivista simbolo della cultura giovanile, che per l'occasione vendette 400mila copie), ottenuta in modo casuale dal produttore Renato Marengo, quando portò Toni Esposito nel mulino in Brianza di Battisti, adibito a studio d'incisione, per un album che dovette attendere momenti migliori. Anima latina sdoganò quindi Lucio Battisti presso il pubblico underground e Re Nudo - che lo aveva accusato di essere fascista - ora lo adottava come "voce di riferimento". Fu organizzato anche un meeting, al mulino, tra i responsabili di Re Nudo e Mogol e Battisti, aperto da una partita di calcio tra Re Nudo e Numero Uno, l'etichetta di Lucio.

A mandare all'aria quell'alleanza storica fu un gruppo di femministe che - durante il dibattito - accusarono Mogol di scrivere testi impregnati di frusto maschilismo. Ma fu Battisti stesso a smarcarsi dalle domande sul "Movimento", rivendicando di essere interessato alla musica e basta, di non comprare i giornali ma di leggere libri sulla storia dell'arte.

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