La sua "La Flaca" portò gli Jarabe de Palo al successo mondiale

Palo Pau Donés è morto a 53 anni. Il cantante lottava da anni contro il cancro. La forza delle sue "hit" era la semplicità

La sua "La Flaca" portò gli Jarabe de Palo al successo mondiale

Non lo credeva nemmeno lui di poter fare il grande botto già con il disco d'esordio. E per colpa di una pubblicità di una marca di sigarette spagnole che girava in tv. Estate 1996, nelle classifiche europee dominavano con prepotenza Don't look back in anger degli Oasis, Cosmic Girl di Jamiroquei e Don't speak dei No doubt. In Italia si faceva spazio anche Più bella cosa di Eros Ramazzotti. Poi, le radio di casa nostra iniziarono a passare La Flaca, «una canción de amable simplicidad», come la recensì El País, che avvicinò, poi nel tempo, il suo sconosciuto autore trentenne a Cole Porter, per quel modo di scrivere canzoni, pure e orecchiabili, ancorate a brevi frasi che suonavano come uno slogan.

Pau Donés, all'epoca 33 anni, ex pubblicitario, era il papà di quel fortunatissimo brano. Lo cantava con la sua band, i Jarabe de Palo. Motivetto semplice e amabile che entrò, gentilmente, nelle teste di tutti. Quella canzone, pochi accordi, un timbro di voce originale, parlava di una misteriosa «flaca», una ragazza magra. Il singolo sfiorò i cinque milioni in Europa e cambiò, da subito, la vita di Pau Donés, autore apprezzato anche Italia, non solo per quel gentile tormentone estivo del 1996, ma anche per le collaborazioni coi Nomadi, Jovanotti e Kekko dei Modá.

Ora che se n'è andato, all'età di 53 anni - era nato a Montanuy, in Aragona nel 1966 - , la Spagna piange e rivaluta Pau Donés, ucciso da cinque anni di cancro. Un periodo in cui mai si è lamentato sotto ai riflettori, mai aveva fatto parlare a vanvera di sé, mai si era creduto un eroe.

Aveva, semplicemente, accettato il suo destino, pur continuando a curarsi con la chemio che gli scavava il viso e gli annebbiava la mente. E continuando a fare ciò che voleva fare, il cantante. Nel 2015, quando aveva già inciso otto album in studio, scoprì la bestia che lo avrebbe fermato. Lo disse soltanto ai suoi cari e alla band. Ma la notizia si diffuse. E lui sui social ne parlò con l'ottimismo di chi ce l'avrebbe fatta.

Due anni dopo, pubblicò il suo nono lavoro 50 Palos, 22 brani in cui si accenna alla malattia nelle liriche. Un anno prima sembrava uccisa la malattia, poi era tornata più violenta. Nel disco Pau canta anche in italiano, duettando con Kekko dei Modá nel brano Fumo, con Francesco Renga in Dipende, versione italica del suo successo spagnolo Depende, con Noemi in Mi piace come sei e con Jovanotti in Bonito: un'esplosione di world music, ritmi, latini e africani e tanto rumore. Con video annesso girato a Cortona. Una collaborazione da cui è nata una grande amicizia tra lo spagnolo e l'italiano. Lorenzo-Jovanotti ieri, al momento della «notizia tremenda», ha scritto un commosso tweet per lui: «Mi mancherai, amico e maestro».

Il 26 maggio scorso, con un ultimo colpo di reni per il suo pubblico, in videoconferenza aveva presentato il decimo disco, LP testamento: Tragas o escupes. L'uscita era concordata per settembre. Pau non ce l'avrebbe fatta a superare l'estate, così il 25 maggio suonava già il singolo Eso que tú me das con il videoclip in cui canta e balla assieme alla figlia sedicenne Sara. Un regalo inaspettato, perché nel gennaio del 2019 aveva annunciato lo stop alla musica. «Il dolore della carne è troppo forte aveva scritto ma ciò che fa più male è privarmi della musica».

Un anno di silenzio abbondante, poi, a sorpresa, l'8 aprile su YouTube compare un video in cui Pau, solo voce e chitarra acustica, canta Vuelvo, ritorno, per annunciare che ha ancora voglia di cantare. E il 13 aprile un altro video ufficiale: Volvemos, ritorniamo, un puzzle di filmati con la band in studio per registrare il nuovo album dei Jarabedepalo, tornati scritti così. Un'iniezione potente di vita, di entusiasmo. Alla faccia del cancro. Nel 2017, assieme all'album, aveva pubblicato anche una sua biografia 50 palos e continuo a sognare, edita in Italia dalla De Agostini. Nelle pagine spiegò chi era questa misteriosa «flaca». «Una donna cubana, magra, di una bellezza impressionante, con un abito in chiffon rosso semitrasparente, e due occhi così lucenti che parlavano da soli». Pau nel 2015 l'aveva incontrata per caso in un discobar de La Havana. Si chiamava Alsoris Guzmán. Fu un colpo di fulmine.

Un idillio impossibile. Vedendola nuda nel letto, al mattino, le sussurrò «smilza» baciandola, prese un foglio e in dieci minuti scrisse la canzone della sua vita. E disse addio alla flaca addormentata nel suo letto d'hotel.

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