Il supermarket di «Poesia» dove tutto l'Amore è gratis

La rivista di Nicola Crocetti festeggia il numero 300 con i versi di oltre 500 autori di tutto il mondo e di tutti i tempi. Contengono le infinite sfumature della passione

Nel supermarket dell'amore/ scaffali alti per il cuore./ In basso comode illusioni/ (son quelle delle promozioni)./ Nel supermarket dell'amore/ a far la rima c'è l'odore./ «La cassa 7 in apertura»./ Anche l'amor patisce usura.

Non è difficile improvvisarsi poeti. Difficile è esserlo. Purtuttavia (licenza poetica), a pensarci bene questa cosa del supermercato... In fondo la poesia è un bisogno, altrimenti perché la si farebbe da sempre, come la nanna e la pipì, come il bagnetto e la pappa? La poesia è vagito primordiale, va dal poema di Gilgamesh a Fabri Fibra. Dunque la poesia è mercato, pur se in forma di baratto: do qualche verso ut des un pensiero, un sorriso, una lacrima. Un mercato in cui chi offre domanda: offre la visibilità dei sentimenti e domanda acquisendo condivisione. E quando la «merce» è proprio l'Amore? Beh, in questo caso la Poesia veste l'abito migliore, si trucca, va dal parrucchiere, si mette giù da gara.

S'è messa giù da gara anche la rivista Poesia , per festeggiare il proprio trecentesimo, specialissimo numero. Così ci presenta 526 amici suoi poeti (inclusi tre anonimi e quell'autore collettivo che si chiama Bibbia). In ordine alfabetico, da Achmatova Anna a Zollinger Albin. Che cosa chiedere di più a un'antologia? Impossibile presentarsi alla cassa con il carrello vuoto.

Sugli scaffali di questo immenso supermarket amoroso che viene via tutto intero a 10 euro troviamo, magicamente, anche ciò che non c'è, che attende il proprio turno in magazzino: le foglie morte di Prévert e i tarocchi di Villon, il fango dei fossi medievali, siano essi d'oc o d'oil, e il divano di Goethe, il tinello di Larkin e gli spigolosi comodini dei formalisti russi, l'occorrente per il giardinaggio arcadico e le essenze mediorientali di Rumi. I clienti vendono mettendosi a nudo (qualcuno fuor di metafora, sui letti sfatti o in camporella), sussurrando, urlando. È una boutique e un suq, un negozio del quadrilatero milanese e una vucciria, un outlet e una bancarella.

Nabokov espone, cogliendo fior da fiore nei pressi del basilico e del rosmarino, l' Ode a una modella che ci sembra Kate Moss: «Ti ho seguita, o modella,/ per tutto l'anno dentro le riviste,/ dalla foglia morta sulla zolla/ alla rossa foglia nella brezza,/ dalla liliale ascella/ alla punta dei cigli di farfalla,/ fascinosa e penosa,/ stylée e scialba». E vicino a lui si manifesta la cieca, dissoluta Assenza di Borges: «La tua assenza mi circonda/ come la corda la gola/ il mare chi sprofonda». Con discrezione nipponica, Ki no Tomonori parla tacendo, e procede a passetti sincopati: «Non rivelo/ con parole il mio amore;/ ma il mio anelito, profondo/ come fiume sepolto,/ fluisce segretamente verso di te». E Meleagro, in fondo al corridoio degli articoli per la casa, gode rammaricandosi: «Era ancor nelle braccia di sua madre,/ e Amore, trastullandosi coi dadi,/ coi dadi si giocava la mia vita». E Ionesco, andando a zonzo nel reparto bellezza, spia da guardone le mosse di una bruttina forse stagionata: «Il suo volto, come un foulard;/ il suo naso, di cartapesta;/ e ancora la bocca piena/ di denti stupidi di cioccolato./ I seni, punte di fiammifero,/ il corpo come un palo ferito,/ e trasandata, e miope;/ le sfugge il profilo del naso./ Povera ragazza, povera ragazza,/ come è innamorata!».

I bambini ci guardano, è vero. Ma chi è più bambino del poeta? Capriccioso e torbido come Esenin: «Su, baciami, baciami molto,/ Anche fino al sangue, fino al dolore./ Non va al ritmo della fredda volontà/ La ribollente corrente del cuore». Oppure cresciuto troppo in fretta, circospetto fra gli alcolici come Pétursson: «Sono il vino e tu lo snello tralcio/ sono la vite, mia amata./ Mi sono avvolto alle tue braccia e alle gambe/ attorno al tuo corpo quest'estate./ Ero un vino giovane e aspro./ Ora è autunno/ e dolce è la mia linfa». Inzaccherato monello come Heaney: «Amore, perfezionerò per te il bambino/ che il mio cervello con diligenza si trastulla/ scavando con una vanga pesante e ammassando zolle/ o sguazzando nel fango in un profondo canale». Trepidante per un sottile senso di colpa, timido come Cristina Campo: «T'ho barattato, amore, con parole./ Buio miele che odori/ dentro i diafani vasi/ sotto mille e seicento anni di lava -/ ti riconoscerò dall'immortale/ silenzio».

Senza Amore, niente Poesia, senza Poesia, niente Amore. Le vergini cucce di rimembrosi licei, i fuochi fatui di periferia, i barolizzati stati di coscienza che nirvanano il nirvana quotidiano in punta di lingua, la polvere sui libri e la schiuma sulla bocca, le cagne in colore; ciò che ognuno di noi offre acquistando, e amando, nulla sarebbe senza la Poesia.

Poesia , questa matura ventottenne figlia di Nicola Crocetti, è sua degna sorella in carta e ossa. L'Amore, questo eterno fanciullo figlio delle muse, la prende per mano. Insieme mettono un punto dove non c'è e recitano: «Amor, ch'a nullo amato amar. Perdona».

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