“Il talento del calabrone”, una piacevole sorpresa il thriller italiano con Castellitto

Da oggi su Amazon Prime Video, un film dal ritmo teso e dalla narrazione intrigante, in cui duellano ottimi interpreti. Peccato per qualche stridente momento di grottesca ingenuità

“Il talento del calabrone”, una piacevole sorpresa il thriller italiano con Castellitto

L’opera prima di Giacomo Cimini, Il talento del calabrone, la cui uscita saltò lo scorso Marzo a causa della pandemia, è disponibile da oggi, direttamente in streaming, su Amazon Prime Video.

Il film è una piccola rarità nel panorama italiano, in quanto thriller dotato di una narrazione mai scontata e in grado di tenere incollato lo spettatore fino alla fine.

Ambientato in una radio milanese, durante la diretta di un programma di punta dell’emittente, “Il talento del calabrone” ruota attorno al cliché della telefonata da parte di uno sconosciuto.

Steph (molto bravo, nel ruolo, Lorenzo Richelmy) è un dj di successo, bello e sicuro di sé. Più affermato che simpatico, il ragazzo è il classico speaker intelligente, padrone del mestiere, cinico e distaccato ma capace di simulare finto calore, unendo slang giovanile e tono attoriale. Una sera è al timone della sua trasmissione quando arriva la chiamata di Carlo (un suadente Sergio Castellitto), un ascoltatore che sostiene di volersi suicidare e che dichiara di essere in giro per Milano con una bomba sul sedile posteriore dell’auto. La posta in gioco è l’incolumità di un’intera città, perché l’uomo è pronto a farsi saltare in aria qualora Steph decida di riattaccare. Tra richieste musicali e allusioni matematico-filosofiche, il terrorista sui generis apre un quiz via social. A seguire il caso e a suggerire a Steph come comportarsi, intanto, è accorso il tenente colonnello Rosa (Anna Foglietta).

Cimini e il suo co-sceneggiatore nonché autore del soggetto, Lorenzo Collalti, hanno confezionato un film avvincente e in grado di appassionare per più motivi, in primis per l’attualità della presenza di un pericolo invisibile che gira per le strade di una Milano che è, a suo modo, molto più di uno sfondo, un vero e proprio ostaggio. Le riprese in notturna accentuano il fascino internazionale di una metropoli tutta luci e grattacieli, che riconosciamo come nostra solo quando lo sguardo si posa su luoghi iconici come Piazza Duomo e Piazza Castello.

Da spettatori si resta avviluppati nella tensione crescente e si riesce a tifare solo per la liberazione dal pericolo, non per un personaggio in particolare. Il dj, individuo appagato dal proprio egocentrismo, non genera empatia, anche perché, messo sotto stress, si rivela null’altro che un arrogante dalla rabbia esplosiva. Quanto al terrorista, dietro i modi affettati, trasuda da subito dolore e nostalgia. Si capisce quanto questo uomo colto, elegante e d’intelligenza superiore, sia stato mutilato dalla vita al punto da non avere più uno scopo per viverla, se non quello di chiudere col passato. Si deve al suo pallino per la musica classica molto del fascino del film: i brani musicali di cui impone la messa in onda, esecuzioni particolari di Bach e Beethoven, diventano una sorta di concerto che amplifica la portata emotiva e l’imprevedibilità del girato.

Il destino ne “Il talento del calabrone” viene palleggiato tra due sole location, la consolle di una radio e il cruscotto di un’auto. La gestione degli spazi è ottima, la messa in scena fin troppo curata. La mancanza di sbavature a livello formale ed estetico, infatti, fa risaltare ancora di più la presenza di momenti in cui vengono mostrate o pronunciate ingenuità da parte del personaggio interpretato da Anna Foglietta. L’attrice, di cui in questo caso è palpabile più l’imbarazzo della bravura, è impotente di fronte alla ridicola caratterizzazione del suo tenente. In abito da sera, anfibi e con la pistola per pochette, è l’anello debole del film, al centro di un paio di scene risibili che mal si addicono ad un thriller che, per tutta la sua durata, sottolinea con solennità l’avvicinarsi di un epilogo ignoto.

Malgrado questo, la lenta discesa negli inferi della coscienza dei protagonisti resta efficace e porta alla luce una disperazione fatta di sensi di colpa e rimorsi, prima ancora che di rancore.

Il film regala uno scorcio di cosa sia la celebrità ai tempi dei social, quelli in cui il successo fondato su like e follower resta appetibile anche quando nasce come effetto collaterale di una

tragedia in atto. Ci sono altri temi su cui “Il talento del calabrone” fa riflettere, fino a quello, importante e attuale, che emerge nell’ultimo atto, ma è bene tacere per preservare l’impatto della trama.

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