Il talk di Ilaria D'Amico parte balbettando

Un salotto troppo rilassato e rilassante si ferma al 2,2 per cento di share

Il talk di Ilaria D'Amico parte balbettando

Se si leggono i numeri senza interpretarli, si arriva all'immediata conclusione: che flop! Ma prima di intonare il de profundis su Che c'è di nuovo, la trasmissione di approfondimento condotta da Ilaria D'Amico al giovedì su Raidue, si deve capire perché, al debutto, ha raggiunto solo il 2,2 per cento di share, pari a 349mila spettatori. Bisogna ricordare che l'obiettivo chiesto dai vertici Rai è di evitare risse, battibecchi, urla. E così la D'Amico, con la sua squadra, ha costruito un talk rilassato e rilassante, dove gli ospiti e i commentatori fissi (tra cui due firme del Giornale, Stefano Zurlo e Francesco Giubilei), possono esprimere le loro idee senza dover faticare. Questo, come ovvio, penalizza in termini di ascolti, perché allo spettatore piace la gazzarra, il fatto sensazionalistico. In più il programma è stato messo in onda al giovedì, in concorrenza con Piazzapulita de La7 e Dritto e Rovescio di Rete 4, nella sera in cui hanno fallito quasi tutti i talk tentati sul secondo canale dopo l'uscita di Santoro. Per cui ora la giornalista - e la Rai - si trova davanti due strade: fare come hanno fatto finora tutti i suoi predecessori, cioè buttare a mare i buoni propositi e cominciare a invitare gente che s'azzuffa, oppure mantenere la linea scelta e sperare che il pubblico si abitui e la premi. Comunque, il problema di Che c'è di nuovo (troppo facile giocare sul titolo osservando che non c'è proprio nulla di nuovo, visto che in tv non s'inventa nulla) non sta tanto nella mancanza di scontri, ma in come viene declinato il confronto a basso volume: se si risolve nella lentezza (e noia) di alcune interviste come quella al leader della Cgil Landini, è ovvio che il pubblico cambi canale. Inoltre il mix iniziale di tutte le sciagure del momento ha mandato in confusione lo spettatore che si aspetta un ordine e una gerarchia dei fatti.

Mentre erano forti e interessanti i reportage dalle zone orribili dove vengono reclutati i soldati russi (e si capisce perché preferiscano andare in guerra) e i servizi dall'Università La Sapienza. Si vedrà nei prossimi giovedì se il talk troverà la sua strada.

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