La tolleranza è caduta in una brutta crisi. E ha portato con sé anche la democrazia

Il contraddittorio non affascina più neanche le associazioni nate per garantirlo

La tolleranza è caduta in una brutta crisi. E ha portato con sé anche la democrazia

I regimi contemporanei poggiano su un controllo crescente del confronto intellettuale. Ogni giorno si è costretti a fare i conti con meccanismi censori micidiali, i quali predefiniscono ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è vero e ciò che è falso. In numerose circostanze non abbiamo più alcun contraddittorio, dato che la discussione su talune «verità di fede» non è ammessa.

Molto discende dalla crisi di uno dei pilastri dell'Occidente: la tolleranza. Tra il XVII e XVIII secolo molti pensatori difesero il diritto a esprimersi: indipendentemente dai contenuti. Questa tesi ebbe successo, com'è confermato dal fatto che il primo emendamento della costituzione statunitense tutela proprio questo principio.

Quel mondo basato sulla tolleranza, però, oggi non c'è più; e per cogliere questa involuzione è sufficiente osservare la trasformazione conosciuta dall'ACLU (American Civil Liberties Union). Questa istituzione di sinistra per decenni si batté in difesa della libertà di parola. Ora non è più così. Non a caso David Goldberger, l'avvocato ebreo dell'ACLU che cinquant'anni fa difese i nazisti dell'Illinois e il loro diritto a manifestare, ha usato parole dure verso quella che fu la sua organizzazione. Dopo aver partecipato a un convegno in cui si sposavano tesi censorie è arrivato a dire: «Ho avuto l'impressione che per gli attivisti dell'organizzazione sia più importante identificarsi con i loro clienti e con le cause progressiste, che non difendere i principi». Concludendo: «I progressisti stanno lasciando alle loro spalle il primo emendamento». Ovviamente Goldberger non condivideva le tesi dei neonazisti, ma non per questo pensava legittimo togliere loro la parola. Adesso, invece, tutti i benpensanti predefiniscono ogni confronto e chiudono la bocca a chi non è allineato.

Se parlare di «totalitarismo» è eccessivo, dato che chi rifiuta il sistema non finisce in un guLag, al tempo stesso bisogna evidenziare che il dominio operato dalle deportazioni e dai genocidi s'inscriveva, in fondo, entro logiche in fondo tradizionali. Il potere contemporaneo è differente.

Quanti oggi dispongono di noi esercitano un totalitarismo per certi aspetti più inquietante e irresistibile, dal momento che ci chiedono di continuo una conversione e un ravvedimento. Come George Orwell mostrò in 1984, il trionfo del potere non si ha nella soppressione fisica di un innocente, ma nella sua progressiva e in qualche modo «accettata» adesione al potere. Alla fine del romanzo, Winston Smith decide di amare il Grande Fratello.

Nelle università, d'altra parte, vige ormai un ordine che promuove sulla base di progetti di ricerca che definiscono quali devono essere i campi da indagare e, implicitamente, anche le risposte da darsi.

Quali sono i temi? Non a caso, gli stessi che dominano l'agenda del Pnrr: e cioè la riconversione ecologica, le questioni di genere, l'immigrazione e via dicendo. E con questi intellettuali, i potenti della terra possono davvero dormire sonni tranquilli.

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