In ogni ambiente ci sono i predatori e di sicuro quello digitale non fa eccezione. La bambola di pezza, il corto scritto e diretto da Nicola Conversa e presentato a Venezia come evento speciale nell'ambito della 79esima edizione della Mostra, parla proprio di una piaga dei nostri tempi che è bene non ignorare: l’adescamento on line.
La nascita di nuovi pericoli porta alla creazione di nuove terminologie atte ad indicarli. Nell’ambito di Internet con “grooming” si intende un lento processo in cui il predatore digitale sviluppa una relazione intima e duratura con una giovane vittima.
Quella del corto “La bambola di pezza” è una storia dalla forte valenza sociale che, con linguaggio semplice e fruibile dal più ampio pubblico possibile, racconta di un nuovo tipo di manipolazione. Le fasi in cui si articola questo comportamento criminale prevedono l’instaurarsi di un dialogo emotivo e affettivo nello spazio virtuale e poi la messa in atto di una dinamica di sfruttamento e coercizione nel mondo reale.
Nella finzione filmica, protagonista è la sedicenne Mia (Mariasole Pollio). L’adolescente, grazie al suo diario virtuale, conosce Tommaso (Giancarlo Commare) che da subito sembra il ragazzo dei sogni. Lui si dimostra sensibile, attento e con moltissime cose in comune con lei. Le premure virtuali di lui, alla lunga, permettono che tra i due si sviluppi una relazione intima. Tommaso, seppure a distanza, si prende cura del mondo emotivo, affettivo e psicologico di Mia, la quale finisce col fidarsi ed aprirsi. Mia ha abbassato ogni difesa, inconsapevole che le confidenze virtuali di natura sessuale, una volta traslato il rapporto nella realtà, saranno l'anticamera dell'incubo.
La presenza dell’attrice Claudia Gerini, senza svelare nei panni di chi, dà un forte contributo non solo alla trama ma alla comprensione del messaggio da veicolare.
"La bambola di pezza" sintetizza bene come il rapporto con le odierne tecnologie digitali sia un complesso groviglio di minacce e di opportunità. La narrazione rivela come social network e messaggistica finiscano, indirettamente, per aprire la porta di casa nostra a emeriti sconosciuti.
Che l'uso distorto del web sia un tema urgente che riguarda tutti è acclarato. La nuova compagine dei rapporti interpersonali può essere difficile da comprendere soprattutto per soggetti psicologicamente fragili o dall’identità ancora acerba come quella dei giovanissimi. Di sicuro la possibilità di incorrere in brutti incontri in rete, numeri alla mano, è alta. Secondo i dati, sono circa 500mila i predatori sessuali attivi ogni giorno in Internet e nel 60% dei casi la loro attenzione è rivolta a soggetti con un'età inferiore ai 13 anni, ma sono in aumento anche quelli che interagiscono con bambini under 10. (Che poi questo avvenga nonostante ai minori di 13 anni non sia ufficialmente consentito l’accesso ai social network, la dice lunga sul mancato controllo della piazza virtuale).
Importante sottolineare come il genere non incida sui livelli di rischio: maschi e femmine sono pressoché in egual misura al centro di casi di adescamento online intercettati dalla Polizia Postale. Evidentemente però sono più esposte le persone sole o i ragazzini senza alcuna supervisione da parte delle famiglie.
Il consiglio spassionato, al di là del valore cinematografico intrinseco dell’opera (vincitrice comunque di un contest tra giovani talenti), è di approfittare della visione di “La bambola di pezza”, già disponibile sulla piattaforma RaiPlay, per parlare dell’argomento con le persone a noi vicine: la prevenzione non sarà tutto ma è indubbiamente moltissimo.
Infine, considerato come chiunque, a qualunque età, possa conoscere momenti di fragilità esistenziale, viene da pensare che la vera destinazione de “La bambola di pezza” non siano i giovanissimi, bensì chi di giovane ha il cuore. Nel senso che chi conserva la grazia di avere ancora fiducia nel prossimo, è senz’altro persona cui può giovare una storia esemplare come quella narrata. Che i lupi travestiti da agnelli si siano evoluti è un dato di fatto.
Ci vuole un’attenzione in più e rammentarlo può far comodo anche a chi si senta “navigato”. Perché una cosa è esserlo nel vecchio mondo fisico, un’altra in una dimensione dalle coordinate in divenire come quella virtuale.
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