La vita non è "Sole cuore amore" ma una madre che lotta per la famiglia

Nel nuovo film di Daniele Vicari il racconto di un'eroina del quotidiano

La vita non è "Sole cuore amore" ma una madre che lotta per la famiglia

«Dammi tre parole: sole, cuore e amore/dammi un bacio che non fa parlare/è l'amore che ti vuole» cantava nello spensierato tormentone del 2011 Valeria Rossi.

E ora il regista Daniele Vicari gioca su quella canzone, inserendola nel suo nuovo film dal titolo appunto Sole cuore amore in uscita domani nei cinema dopo essere stato presentato alla scorsa Festa del cinema di Roma. Ma la scelta non vuole essere banalmente antifrastica dal momento che il film, con protagonista Isabella Ragonese in una delle sue interpretazioni più mature e consapevoli, è la storia anche drammatica di una donna alle prese con un lavoro da cameriera lontanissimo da casa dove la sera l'aspettano il marito disoccupato (Francesco Montanari) e i loro quattro figli: «Non è una canzonetta qualsiasi - dice il regista di Diaz don't clean up this blood e Il passato è una terra straniera (sempre prodotti da Domenico Procacci) - mi è capitato di fermarmi un giorno in un ristorante fuori Roma dove per caso c'era un pranzo di comunione. Alla festeggiata è stato chiesto quale canzone voleva cantare e lei ha detto Sole cuore amore. Quando ha iniziato la cameriera si è messa a piangere. Io ho pensato che lo facesse perché era domenica e magari avrebbe voluto stare a casa con i suoi di figli».

Nasce quindi da esperienze, oltre che da un caso di cronaca, di vita vissuta Sole cuore amore, perché - dice sempre il regista - «è un film dedicato alle donne che amo di più, mia madre, mia sorella...», ma Vicari sa costruire una storia che parla anche di amore, quello della protagonista per il marito, per i figli e per l'amica (Eva Grieco) artista di danza contemporanea che la sera va a lavorare quando Eli invece rientra a casa. Due vite parallele che s'incontreranno solo all'infinito. «Il mio personaggio - racconta Isabella - è stato un regalo meraviglioso. Eli è una persona verso la quale ho un rispetto come se fossi davanti a un essere sacro, perché la vita che fa, e come la fa, è di esempio, è un'eroina del quotidiano, affronta una vita difficile appoggiandosi e nutrendosi di un'umanità che si sostiene e che cerca di resistere alla bruttezza e agli orrori». Ed è questo il messaggio di speranza di un film lontano anni luce dalle tante commedie nostrane che però sa toccare corde profonde emotive ma anche vitali proprio come dice l'attore protagonista Francesco Montanari: «La speranza è questa coppia che vuole stare insieme a tutti i costi».

Poi certo il film tocca in maniera forte e diretta il tema del lavoro che Vicari riesce a trattare con una dignità inedita nel nostro cinema recente e senza facili ideologismi alla moda: «La verità - spiega il regista - è che la distanza di tanti di noi dalla società è talmente abissale che non ci rendiamo conto di queste dinamiche. Eli quando inizia a non stare bene non vede la possibilità di ribellarsi al proprietario del bar perché sa che deve portare a casa lo stipendio e se lo fa perderà quell'unica possibilità.

Il film è ambientato a Roma ma lontano sia dai luoghi del potere istituzionale che da quello malavitoso di alcune periferie che si reggono sullo spaccio della cocaina. Una sorta di interzona dentro la quale i due protagonisti entrano in conflitto con il mondo semplicemente amandosi».

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