La vita di Shane MacGowan, il tradizionalista del punk

"Crock of Gold", diretto da Julian Temple, racconta la lotta esistenziale del tormentato leader dei Pogues

La vita di Shane MacGowan, il tradizionalista del punk

A vederlo così, sulla sedia a rotelle, lo sguardo perso e la testa reclinata sulla spalla, si fatica a riconoscerlo. Gli occhi, però, sono sempre due braci accese e la risata, strascicata e diabolica, è sempre la sua. Quest'uomo, poco più di sessant'anni vissuti come fossero stati il doppio, è Shane MacGowan, il musicista irlandese leader dei Pogues che sono in molti a considerare tra i più importanti autori della scorsa fine secolo. «Mi hanno definito un poeta ma sono solo un musicista», afferma persino con pudore, lui così vittima di ogni tipo di eccesso. Eppure i suoi testi traboccano di riferimenti colti, alla letteratura, alla politica, ai cosiddetti «piss artist», termine intraducibile dallo slang britannico che indica quelli che non ci sono stati dentro, che non sono scesi a patti, oltraggiosi e bastardi, gente che ha pagato di persona.

Distrutto dalla psicosi, dall'alcool, dall'eroina, Shane MacGowan è però riuscito finalmente a rimettere a posto i denti, completamente marci, quel segno sgradevole di trasgressione estrema è stato così cancellato da una protesi. Ma è troppo tardi per rimettersi in carreggiata. Dopo anni di buio pesto ai limiti dell'oblio, ha accettato di raccontarsi in un film meraviglioso, Crock of Gold diretto da Julian Temple e prodotto da Johnny Depp, suo grande amico ed estimatore. Un documentario di straordinaria forza narrativa, tipica dello stile di Temple che da sempre lavora al confine tra rock e cinema: nei lungometraggi ha raccontato i Sex Pistols, i Clash, il pop britannico degli Absolute Beginners degli anni '80, protagonista David Bowie, senza contare i numerosi videoclip che lo hanno reso maestro nel genere. Crock of Gold è la punta di diamante della nuova edizione, la settima, di SeeYouSound, il «music film festival» che nel mondo normale si sarebbe tenuto a Torino e invece sarà tutto in streaming dal 19 al 25 febbraio.

Nato nel giorno di Natale nel 1957 in Inghilterra da genitori irlandesi, Shane vive i primi anni '60 in una fattoria, tra il verde e gli animali. Suo padre, un anziano con lunga barba bianca, lavorava per la diocesi, la mamma era cantante e ballerina di musica tradizionale. Con il definitivo trasferimento Londra cominciano i primi guai, le prime irresistibili attrazioni verso le dipendenze, ma anche la fortuna di trovarsi in un ambiente dove le rivoluzioni musicali e culturali sono all'ordine del giorno. Tra gli acidi gli si materializzano gli assoli di chitarra di Jimi Hendrix, poi il punk: basta un concerto dei Sex Pistols per capire che quella sarà la sua strada. Aderire a un movimento che in fondo non c'è mai stato significa capire che ancora una volta si può far esplodere tutto il desiderio di ribellarsi. Con una novità sostanziale rispetto agli altri: alla virulenza del punk, alle dissonanze, al noise disturbante, MacGowan unisce la tradizione popolare della musica irlandese. Chiamarlo punk-folk non è esattamente corretto ma rende l'idea, contaminata vieppiù con le istanze politiche del Sinn Fein, il movimento indipendentista radicato nella cultura gaelica fin dall'inizio del 900. Altra differenza, Shane è autore pregiato di belle canzoni che infatti sono rimaste nella storia della musica confermandone la rara sensibilità, ben oltre gli atteggiamenti provocatori.

A fine anni '70 forma il suo primo gruppo, The Nipple Erector, suonano da spalla a Clash e Jam. Nel 1981 nasce l'ossatura dei Pogues: prima li chiama Millwall Chainsaw (la tifoseria della squadra di calcio di questo quartiere periferico di Londra è nota per risse, violenze e ben poca applicazione del politicamente corretto, anche ora), poi The New Republicans e quindi Pogue Mahone, espressione gaelica che significa più o meno baciami il deretano, abbreviata per costumanza in The Pogues. Dieci anni di successi e sbandate, trionfi e cadute, mezza dozzina di album in studio fino al licenziamento di Shane, sempre ubriaco e rissoso, ingestibile anche dai compagni che pure non sono esattamente lord inglesi.

Che la raffinatezza e l'autorialità sia cifra stilistica rilevante di MacGowan, lo dimostra il suo maggior successo Fairytale of New York, canzone natalizia pubblicata nel 1987 insieme a Kristy MacColl, in cui Shane suona il piano, voce roca e impastata da crooner, che nel testo però non ha nulla di edificante e racconta la notte in carcere di un immigrato irlandese a New York, dove confessa (in un botta e risposta con la parte femminile) le proprie speranze distrutte da alcol e droga. Amarissimo e autobiografico.

Dimenticato dai più, non da chi vedeva in lui tracce di Charles Bukowski mescolate alle liriche di William Butler Yeats.

Una pepita d'oro trasformata in coccio fragile, questo è Shane MacGowan oggi. Il finale del film è struggente: lui malandato sul palco, accanto ai suoi cari amici, Johnny Depp, Bono, Nick Cave. «Buon compleanno Shane, buon Natale». Anche il rock ogni tanto versa qualche lacrima.

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