Spiati dal Grande Fratello Le Camere battano un colpo

Egidio Sterpa

L’ultimo allarme per lo spionaggio fiscale, «bufala» o no che sia, pone comunque in maniera inderogabile il problema della protezione della privacy di ogni cittadino. Siamo tutti sconcertati, non solo il capo dello Stato. A preoccupare è la constatazione che siamo tutti miseramente e totalmente nelle mani di un Grande Fratello, quella misteriosa potenza avveniristica che già George Orwell, nel suo famoso romanzo 1984, scritto nel 1949, ci descriveva come padrone della vita e dei pensieri dei cittadini.
Senza esagerazione né enfasi, questa è la realtà. Ognuno di noi è possibile vittima del Grande Fratello. Nel «cervellone» dello Stato e in quelli dei vari servizi, più o meno segreti, c’è tutto il nostro privato. A causa di una legge voluta dal Governo in carica, i dati bancari di ciascuno di noi non sono più riservati perché il sistema di controllo fiscale permette facili accessi all’anagrafe tributaria.
La vita privata dei cittadini, le loro intimità, i loro affari sono sistematicamente sotto controllo, oggi più di ieri. L’invadenza dell’Erario è smisurata. Tanto smisurata e anche smoderata che ci sono spazi incommensurabili per pratiche abusive dentro la struttura statuale. Basta la curiosità di un semplice impiegato o agente di polizia per realizzare incursioni illegali.
È avvenuto e avverrà. Il problema si ingigantisce se vi si assomma quello delle intercettazioni opera o no dei servizi segreti o di polizia, con o senza l’autorizzazione della magistratura. Un cittadino in possesso di un telefono, fisso o mobile che sia, non è più padrone della propria vita, delle proprie azioni, addirittura dei propri pensieri.
Ha scritto bene su Repubblica Stefano Rodotà, da sempre attento a questo problema: la protezione dei dati personali e la tutela della privacy «non è questione marginale, ma un elemento essenziale della libertà dei contemporanei». Sì, viviamo come su una polveriera, la nostra esistenza non ci appartiene più. Tutto di noi è sorvegliato: dove andiamo, che cosa facciamo, quanto diciamo, quel che pensiamo. Aggiunge Rodotà: «Le gigantesche banche dati, anche quando rispondono a finalità sacrosante come la lotta all’evasione fiscale, aumentano la vulnerabilità sociale». Non caviamocela con la storia di deviazioni circoscritte. Il problema è gravemente politico, non riguarda questo o quel governo ma il sistema statuale, del quale ovviamente la politica approfitta.
Le cose sono giunte a un punto tale di rottura che il Parlamento deve farsene carico. Preliminare, propedeutica, è una indagine conoscitiva. Si tratta di conoscere come sono strutturati e come funzionano sia la macchina fiscale sia i servizi cosiddetti segreti e tutti gli altri delle forze armate e delle troppe polizie. Poi, sulla base di quel che si appurerà occorrerà approvare norme chiare e perentorie che stabiliscano quel che questi servizi possono o non possono fare, avendo come obiettivo il massimo rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini. Sarà anche il momento per verificare quanto c’è di veramente liberale nelle diverse forze politiche. Quanto ai servizi, non mi pare che possano esserci dubbi: devono essere unificati e devono rispondere ad una sola autorità.


Per finire, va segnalata una esigenza irrinunciabile: la creazione di una autorità centrale che si assuma la responsabilità per l’autorizzazione delle intercettazioni, come avviene negli Stati Uniti. Concludo rivolgendo ai due presidenti delle Camere un fermo invito a non lasciar cadere questa occasione per risolvere un grave problema che riguarda lo Stato di diritto.

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