Dopo quattro podi consecutivi, non sarà certo un quarto posto a minare la fiducia di Max Blardone, che alla vigilia del gigante di Kranjska Gora aveva fatto un pensierino alla terza vittoria stagionale. «Sì, ci tenevo, almeno al podio, peccato, ma resto terzo nella classifica di specialità e alle finali basteranno pochi punti per chiudere sul podio una stagione che considero in ogni caso molto positiva».
Già, proviamo a riviverla?
«Dopo le prime tre gare andate male mi sono ritrovato per la prima volta in oltre dieci anni fuori dai primi del mondo, non dico dai migliori sette, ma proprio dai 15. Non succedeva dal 2001. Sapevo però che sarebbero bastate due buone gare per tornare e sono rimasto tranquillo, perché rispetto all'anno scorso mi sentivo molto meglio».
Aveva anche cambiato materiali.
«Appunto, ma i test ad ottobre erano saltati quasi del tutto per il brutto tempo, quindi sapevo perfettamente cosa non andava. Al mio fianco avevo poi Walter Ronconi, l'uomo chiave per la riuscita di questa stagione. Oltre ad essere un bravissimo skiman è anche un grande tecnico, non finirò mai di ringraziarlo».
Ma come, con la sua fama di rovina-squadre e mangia-allenatori ne ha trovato uno che le dà fiducia?
«Perché dobbiamo rivangare il passato e certe situazioni negative? No dai, anche se non è stato male stare seduto sul bordo del fiume e vedere un po' di cadaveri passare
Scherzi a parte, alla fine siamo sempre noi atleti a metterci la faccia, se va bene siamo grandi, se va male è colpa nostra, quindi dopo i disastri dell'anno scorso io ho cercato di trovare il mio equilibrio, a 32 anni so di potermi arrangiare. Se prima si diceva che ero io a rovinare l'ambiente adesso spero si dica che ho contribuito a migliorarlo. Mi prendo i miei meriti: sono stato bravo ad aver pazienza, a stare calmo, e quelli che pensavano fossi finito ora rosicano, ma almeno hanno la coerenza di stare lontano quando c'è da fare festa».
Eravamo rimasti alla perdita del primo gruppo.
«Sì, poi c'è stato un click. La mattina del 15 dicembre mi sono svegliato e mi sono sentito un altro, mentalmente. Ero tornato dagli Stati Uniti abbacchiato, facevo fatica e mi sono detto: adesso basta, usi questi nuovi sci e non torni più indietro, saranno loro a farti tornare davanti e così è stato. Ho fatto un giorno di allenamento andando forte da paura, poi ho vinto in Alta Badia partendo col 19».
Quanto conta la testa nello sci?
«Per fare certi risultati tutto deve funzionare alla perfezione: fisico, tecnica, materiali e testa».
La soddisfazione più grande dell'inverno?
«Beh, la prima vittoria in Alta Badia è stata l'apoteosi, bello per me e smacco tremendo per gli altri: ero finito? Eccomi qua, davanti a tutti! Belli anche gli altri podi, ad Adelboden, a Bansko e ancora la vittoria di Crans, ma la prima è stata il massimo!»
Che ruolo hanno avuto la sua compagna e l'imminente arrivo dell'erede?
«Nella mia vita sono cambiate le priorità, sto benissimo e questo di sicuro ha dato una svolta anche alla mia carriera. Ora sono contento che la stagione stia per finire, ad aprile arriva il bambino, sono davvero curioso di vivere le novità che mi aspettano».
Farà sciare suo figlio?
«Non lo obbligherò ma sono sicuro che imparerà, lo sci è uno sport di equilibrio bellissimo, ma è anche pericoloso e non rende economicamente, almeno in Italia dove un atleta di alto livello non è per nulla valorizzato. Quindi mi auguro per lui che decida di fare altro!».
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