Il virus non bada alla singola disciplina, perseguita tutto lo sport. La vera Olimpiade del 2020 è la fuga dal contagio, i nomi eccellenti di chi si è infettato negli ultimi giorni hanno fatto scattare un campanello d'allarme che va oltre la necessità di fermarsi, perdere gare importanti e poi ricominciare da zero. I casi eclatanti di Rossi, Pellegrini, Fognini e Cristiano Ronaldo lasciano presagire che sia tutto il sistema a rischiare una brusca frenata in vista dei prossimi mesi, quelli più duri nella lotta alla seconda ondata. Secondo Carlo Tranquilli, medico sportivo ed ex direttore sanitario dell'Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del Coni, molte criticità si nascondono nella vita di tutti i giorni degli atleti: «Non parlerei di scarsa attenzione, ma sicuramente di mancata abitudine a gestire i contatti esterni in maniera sicura. Familiari, amici e colleghi possono essere tutti una fonte di pericolo, portano a una promiscuità rischiosa che rende inutili i protocolli adottati per ridurre al massimo il rischio durante le prestazioni sportive. Non ci si può chiudere in convento per mesi e mesi come ha fatto l'Nba, quello non è uno schema applicabile a tutti, però serve attenzione perché il virus ha ripreso a circolare, ci sono molte più possibilità d'infezione anche se poi gli atleti sono forti fisicamente e spesso sono asintomatici o hanno sintomi lievi».
Non è un caso che la positività di Valentino Rossi potrebbe ricondursi a una cena incriminata con gli amici, tenutasi domenica scorsa dopo il Gran Premio di Le Mans, come svelato da Albi Tebaldi, l'ad della VR46: «Anche il venerdì precedente c'era stata un'altra cena e in quell'occasione uno dei presenti poi non si è sentito tanto bene» ha raccontato Tebaldi. Le gare passano in secondo piano, la correlazione tra sforzo fisico e contagio viene smentita anche dalla casistica visto che Federica Pellegrini si è dovuta fermare ancor prima di partire per l'Isl di Budapest e Fabio Fognini doveva ancora esordire all'Atp di Sardegna. Il trend tra gli atleti è in crescita soprattutto se paragonato al periodo del lockdown, quando la vita sociale era azzerata così come gli eventi sportivi. «Lo abbiamo visto nel calcio con Genoa-Napoli, un positivo in campo non crea un contagio massivo - prosegue il dottor Tranquilli - Rimangono preminenti i contatti prima e soprattutto dopo la prestazione, quando si registra un calo delle difese immunitarie dovuto allo sforzo esaustivo, un gap che può protrarsi per qualche ora o una giornata al massimo.
Gli atleti hanno un sistema immunitario più forte rispetto alla media. Ma dopo una gara devono riposare, stare attenti in ogni situazione, evitando perfino le cene se possibile». Vita di tutti i giorni e sport, per andare avanti urge un compromesso. E qualche sacrificio.
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