Berlusconi dà fiducia al Milan baby

Pochi volti nuovi, però il presidente è euforico: "È l'ultima società che venderei". E su Balotelli: "È tifoso, come me"

Berlusconi dà fiducia al Milan baby

Milanello - Nuovo Milan, stessa missione. Silvio Berlusconi atterra a Milanello e mette le ali ai rossoneri: «Siamo da scudetto».
Dopo tre anni di assenza, l'ultima volta nel 2010 per l'arrivo di Allegri coincise con l'ultimo tricolore vinto, c'è il presidente al raduno della squadra. Stavolta toccata e fuga di un paio d'ore. Il tempo per pranzare con la squadra, incontrare Allegri («quello che ci siamo detti resta un segreto») e conoscere i nuovi arrivati, Poli e Saponara. Il ricambio generazionale è completato da Abbiati che lascia la fascia a Montolivo, Berlusconi è soddisfatto: «Bravo Galliani a mettere in atto il mandato» dice a Milan-channel. Si riparte anche da El Shaarawy «che ha detto che non avrebbe voluto giocare in un'altra squadra al mondo» e da Balotelli che «è cresciuto da milanista ed è rimasto milanista...», sott'inteso come me che «ho visto il Milan da piccolo e ora sarebbe un sacrilegio cambiare squadra, peggio che cambiare religione». Un attaccamento che spinge il presidente rossonero a zittire le voci di cessione del club: «La mia famiglia è milanese da sempre, il Milan è un fatto di cuore e se dovessi vendere le mie società l'ultima sarebbe il Milan».

Cosa penserà Moratti? Intanto il nuovo Milan cambia l'età media, attorno ai 25 anni, non le regole. «Voglio un Milan padrone del campo, del gioco e leale. E sempre campione». Per farlo non esclude «un'ulteriore possibilità di rafforzamento». Galliani conferma che per Robinho col Santos il discorso è ben avviato, parla per Ljajic ma aggiunge che la regola «via un vecchio dentro un giovane può avere un'eccezione». Per ora è fantamercato ipotizzare ritorni come Kakà o Ibra. L'ad rossonero, invece, allarga l'obiettivo minimo «che è il podio, è indispensabile entrare in Champions». Alla portata anche senza colpi: «Noi facciamo il pareggio di bilancio, altri non lo fanno, ma ci deve pensare l'Uefa». La frecciata è partita, ecco l'altra: «Altri hanno grandi sponsor e noi dobbiamo pagare l'Irap, l'imposta rapina».
È il Milan dell'unità d'intenti, che nasce all'insegna dell'unione fa la forza. Dal presidente ai tifosi passando per Allegri che però ammette che con il presidente «qualche divergenza di vedute c'è stata, ma non significa non andare d'accordo». E poi aggiunge che «col trequartista abbiamo già giocato anche l'anno scorso». Difficile che possa essere subito Honda. L'allenatore si concentra sul lavoro e sulle brutte partenze della sua gestione, addirittura choc l'anno scorso. «Cambieremo qualcosa nella preparazione – ammette – un aiuto per presentarci più brillanti al via potrebbero darcelo anche i playoff Champions». Che restano il primo obiettivo da non fallire per un Allegri che nonostante sia in scadenza non si sente «sotto esame. E per me non è un problema, altrimenti avrei fatto altre scelte. Il Milan è sempre stato la mia priorità». Galliani se la cava con una battuta: «È qui perché dopo otto giornate l'anno scorso ha inserito il pilota automatico e fatto bene». Il sodalizio mister-ad c'è e Galliani scherza e parla di “coppia di fatto”. Allegri invece non fa sconti a cose lette: «È normale essere cercato da altre squadre. Non mi sono piaciuti certi attacchi personali». Meglio pensare al campo («buona base di partenza e El Shaarawy seconda punta») anche perché la prima uscita è stata interrotta da un diluvio, ma si dice «l'acqua lava via tutto». E fa crescere l'erba.

Giovane quella del Milan che si sta colorando d'azzurro, Prandelli chiede una mano nell'anno mondiale e Galliani lo gela: «Facciamo già gli stage che altre nazionali non fanno». Coi giovani si sogna: Poli come Rijkaard e Saponara alla Kakà. È proprio un nuovo Milan.

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