Ultima follia del Circus. Bianchi contro una gru, ora rischia la vita

Il francese sbatte sotto un caterpillar dei soccorsi. Danni al cervello. Direzione gara choc: safety car dopo 3'. E il Gp finisce quasi al buio

Ultima follia del Circus. Bianchi contro una gru, ora rischia la vita

Fin da bambini i piloti sognano la F1 e i suoi rischi e i suoi sorpassi. Fin da ragazzi vivono, s'impegnano e dedicano l'intera adolescenza per raggiungerla. Tutti sanno che un giorno rischieranno la pelle, ma nessuno sa di doverlo fare sfidando una gru in pista.

Benvenuti in F1, questa formula che ha fatto passi da giganti nella sicurezza attiva e passiva, significa macchine e significa circuiti, e però è in mano a uomini piccoli, gestita da gnomi. Benvenuto Jules Bianchi, povero ragazzo di 25 anni che lotti nel reparto di terapia intensiva di un ospedale giapponese. Sognavi la F1, sognavi la Ferrari, anzi alla Rossa eri terribilmente vicino, e invece ora la tua famiglia, la Ferrari stessa che ti vuole bene, sogna che tu possa almeno tornare ad essere semplicemente Jules: un ragazzo che vive.

Colpa di questo circo che in due anni di F1 ha saputo offrirti solo un team con le pezze al sedere, la Marussia, e un caterpillar giallo piazzato nel mezzo di una via di fuga a Suzuka. Giro 42: Sutil finisce in aquaplaning perché è ripreso a diluviare e in testacoda sbatte contro le barriere. Bandiere gialle. I piloti devono rallentare. Rallenti anche tu. Ma l'aquaplaning è una bestia strana e tradisce anche se vai piano. I commissari corrono, anche una gru corre neanche fosse una monoposto, e sposta la macchina di Sutil. Intanto arrivi tu. Che perdi il controllo e ci finisci sotto, dentro, addosso. Casco e testa martoriati. L'ambulanza, l'ospedale, l'operazione al cervello. I medici dicono che sei gravissimo, prossimo bollettino oggi. Tuo padre prega e aggiunge solo «hanno provato a ridurre l'ematoma alla testa, mio figlio lotta». Fottuto destino. Ma non è solo il dio dei motori ad essersi distratto. Stavolta ci sono errori, superficialità. I soccorritori si sbracciano perché tu sei li sotto e quasi non ci si accorge. Due, peggio, tre minuti. Tanto passa dal primo incidente di Sutil al tuo. Nel mezzo sempre e solo bandiere gialle a far rallentare ed evitare sorpassi. Null'altro. Eppure Charlie Whiting, il direttore di gara permanente, ha sempre davanti a sé decine di monitor e assistenti professionisti e un pulsantino vicino vicino per far entrare in tempo reale la safety car in pista. Si fa così quando i mezzi manovrano in zone pericolose; si dovrebbe fare così prima di dargli il via a entrare. In America fanno così. Gli gnomi della F1 preferiscono di no, perché sennò lo spettacolo viene interrotto troppe volte.

E allora che almeno ci fosse coerenza, un metro di giudizio unico da applicare sempre. Neppure questo c'è: a inizio Gran premio diluvia e si parte dietro safety car, giri su giri, i piloti, Hamilton su tutti, via radio, quasi pregano la direzione gara di far rientrare la safety e cominciare a spingere, perché «è tutto asciutto da due giri, potrei mettere anche le gomme intermedie, altro che da bagnato pesante» scherza Lewis. Perché insistere così a lungo per eccesso di sicurezza e attendere così tanto per difetto di sicurezza nel caso di Sutil? Perché a Singapore è entrata subito la safety car per consentire ai commissari di togliere dei piccoli detriti dalla pista e nella velocissima Suzuka ha atteso mentre manovrava una caterpillar?

Domande, domande, domande. Come la più importante: ieri, vicino a Suzuka era atteso un tifone. Lo si sapeva da giorni. L'avrebbe sfiorata e sarebbe stato il diluvio. Appunto. Quello che ha tormentato la corsa, al via e alla fine. Nel paddock c'era chi aveva proposto di far disputare il Gp al mattino, si sarebbe evitato qualsiasi problema. Sette ore di fuso, no non si può, non si deve, ipotesi rimbalzata: perché ci sono i satelliti tv, le dirette in Europa, perché l'audience va protetta, perché gare in diretta alle 4, alle 5 del mattino non sia mai, non siamo più negli anni '90. Non si fa. Non va bene. Meglio partire alle 15, pure in ritardo sperando diminuisca la pioggia, meglio partire a rilento perdendo altro tempo e così ritrovarsi a correre gli ultimi giri che già è pomeriggio tardo e in Giappone va via in fretta il sol levante. «Da cinque giri urlavo via radio alla direzione gara che era pericoloso, che non si vedeva niente. Così Felipe Massa, pilota, ex ferrarista, soprattutto amico di Jules.

Benvenuti tutti in questa Formula uno che ha scelto di

suicidarsi in diretta tv nel momento della massima audience possibile vista la differenza oraria. Perché ognuno potesse farsi bene l'idea che non c'è progresso nella sicurezza se non progrediscono gli uomini che la gestiscono.

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