Un bomber di differenza. Il Pipita è da scudetto, Kalinic da bassa quota

Sfida impari: per lo juventino due occasioni e due gol, per il croato 4 palle e una traversa

Un bomber di differenza. Il Pipita è da scudetto, Kalinic da bassa quota

D’accordo, Calhanoglu è una pedina persa. Va bene, Biglia dopo il derby mette in fila il secondo flop consecutivo e la curva amica comincia a rumoreggiare durante e dopo. Per una sera Suso risulta imbottigliato dalla gabbia bianconera predisposta da quel volpone di Allegri ma a marcare la differenza di ieri sera tra Milan e Juventus è la distanza chilometrica che intercorre tra Higuain e Kalinic, i due centravanti. Uno fu pagato 90 milioni che non sono poi noccioline, solo il Napoli non sembra patirne il distacco avendo scoperto Mertens, l’altro appena 20 e purtroppo per Montella, che ne fu il suggeritore in estate, il rendimento dei due nella sfida è il plastico che divide i due mondi, da una parte l’armata- Juve dall’altra il piccolo Milan. Higuain ha due palloni due a disposizione tra un tempo e l’altro e li trasforma in oro zecchino: il primo non è proprio comodo perché lo arpiona sul limite dell’area per infilarlo nell’angolo lontano di Donnarumma, il secondo è la più classica delle condizioni perché la finta di Dybala lo libera sul destro e il suo tiro è chirurgico, ancora una volta infilato nella buca lontana del Milan. 0 a 2 e milanisti a casa a riflettere sull’ennesima sconfitta, sul ritardo in classifica che adesso diventa un deserto da riattraversare.

Da qualche tempo, forse perché escluso dalla sua nazionale, forse perché in ritardo dietro il Napoli, Gonzalo oltre che un cecchino perfido e spietato, è anche un contestatore plateale di arbitro e soci. Se la prende con Valeri per niente, chiede a più riprese il cartellino per i milanisti senza che nessuno lo richiami. Kalinic ha ricevuto più inviti dal destino: uno, due, tre, quattro di fila per stregare Chiellini e presentarsi per una volta all’appuntamento con la gloria. Li ha sprecati tutti in una disarmante sequenza che ha lasciato basiti anche i suoi più sinceri estimatori dei bei tempi spensierati di Firenze. È vero, sulla più appetitosa delle occasioni, Buffon ha messo una manina santa per deviarla sulla traversa ma è magra consolazione per il croato e per la sua compagnia che resta sempre a secco di gol come gli succede da troppo tempo, derby a parte è dal 20 settembre 2 a 0 sulla Spal. Così tutto il Milan è stato respinto ancora verso gli ultimi vagoni del treno dopo il mercoledì incoraggiante vissuto alla stazione di Verona. «Vincerete, vincerete il tricolor» lo scherno dei tifosi di Madama che naturalmente godono nel vedere quei 230 milioni di mercato finiti nel cestino e Bonucci, in tribuna, a ingoiare altre delusioni.

Montella le ha provate tutte, anche la ricucitura tra il vecchio e il nuovo Milan con quella fascia di capitano affidata prima ad Abate e poi passata a Zapata: la frattura è ricomposta ma non è certo con una mossa del genere che si possono colmare le lacune che restano persino più vistose di un anno fa quando Locatelli fece esplodere Galliani in tribuna. D’accordo Dybala, nella serata, ha il piede freddo e regala palloni alla curva ma se non gli riesce di firmare gol può almeno fare le fortune di Higuain perché sul primo e secondo sigillo di Gonzalo è sua la giocata vincente, il tocco felpato o la finta che manda in bambola mezza difesa rossonera.

È vero, Pjanic nemmeno su punizione riesce a far venire i brividi a Donnarumma, Mandzukic resta impigliato tra Abate e Zapata ma se Higuain si siede sul trono della sfida, allora anche gli altri possono starsene a guardare e accompagnare le sue prodezze balistiche senza rischiare granché. Nel Milan riappare Andrè Silva quando è già tutto compromesso e scolpito sulla pietra. Higuain c’è e lotta insieme alla Juve, Kalinic no e affonda insieme con il Milan che riparte da zero.

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