"In campo era il migliore di tutti, che stimolo giocare contro di lui"

L'ex campione tedesco e il rapporto con il Pibe: "Nel privato era simpatico e coinvolgente. Ma con i Mondiali siamo pari..."

"In campo era il migliore di tutti, che stimolo giocare contro di lui"

Un anno è già passato. Eppure Diego Armando Maradona sarà eterno. Non se ne è veramente andato. Non per i tifosi che lo hanno amato, specie a Napoli, dove gli hanno intitolato lo stadio, e per i suoi più grandi rivali sportivi. Fra loro c'è Lothar Matthäus, che con Maradona si è conteso scudetti (l'argentino era al Napoli, il tedesco all'Inter) e Mondiali: sia nel 1986 che nel 1990 la finale è stata Germania-Argentina. Una volta ha vinto Lothar, una volta ha vinto Diego. «Aveva la mia stessa età, Mi ha colpito molto tutta la storia legata alla sua morte - racconta Lothar - Avendolo conosciuto personalmente so quanto ha dato al calcio. Abbiamo vissuto alcune serate insieme, era allegro, simpatico, coinvolgente. E in campo era il migliore di tutti».

Cosa ricorda delle due finali Mondiali giocate contro di lui?

«Nel 1986 per me fu particolarmente difficile. All'epoca avevo ancora un ruolo prettamente difensivo, quindi di fatto ero chiamato a marcarlo. Quella era la sua edizione del Mondiale, era stato per distacco il migliore di tutti. In campo le sfide con lui erano intense e stimolanti, ma molto leali. Nel 1986 vinse lui, seppur non segnando. Quindi penso di non essermela cavata male. Nel 1990 cambiò tutto: giocavo più offensivo, quindi non lo marcavo più direttamente. A Roma vincemmo noi, meritando. Come avevano meritato loro 4 anni prima».

Nel 1990 l'Argentina arrivò in finale dopo la discussa semifinale di Napoli con l'Italia nella quale Maradona fu protagonista anche fuori dal campo...

«Quella della semifinale Italia-Argentina al San Paolo fu una polemica inutile, perché quando venne assegnata quella partita allo stadio di Napoli, nessuno sapeva quali nazionali ci sarebbero arrivate. Italia e Argentina sarebbero potute uscire già prima. Queste sono semplicemente coincidenze che rendono più avvincente lo sport. Certo, per l'Italia quella, in seguito all'appello di Maradona ai napoletani, non fu una vera gara casalinga, ma credo che l'unica colpa della vostra eliminazione ce l'abbiano i rigoristi che sbagliarono dagli 11 metri. Né gli organizzatori, né Maradona, che fu furbo a sfruttare a suo vantaggio l'amore che la città provava per lui».

Voi avevate preferenze su chi incontrare in finale?

«Senza dubbio. Per noi era meglio giocare contro l'Argentina, perché affrontare i padroni di casa, ai Mondiali, è sempre particolare e pericoloso. Figuriamoci in finale. Ci era già successo, anche se in turni differenti, nel 1982 in Spagna e nel 1986 in Messico e furono gare complicate. Inoltre ritengo che l'Italia fosse tecnicamente più forte dell'Argentina e forse anche di noi. La finale, giocata a Roma, con l'eliminazione dell'Italia divenne quindi un vantaggio per noi: molti italiani tifavano contro l'Argentina, inoltre quello era lo stadio di Rudi Völler, che a Roma ancora oggi è molto rispettato. Il pubblico era per noi. Inevitabile fosse un vantaggio».

Avete vissuto sfide intense anche in Serie A...

«Giocare contro Maradona era sempre stimolante. In quel momento, inoltre, quello italiano era il miglior campionato al mondo.

Ogni fine settimana affrontavi almeno un grande campione: Gullit, Maradona, Van Basten, Giordano... Non un caso se dal 1984-85 al 1988-89 vinsero i cinque campionati cinque squadre diverse. Era come se fosse un altro mondiale. Vincevi la Serie A e ti sentivi davvero il più forte».

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