Quattro giorni dopo aver festeggiato i 39 anni, cinque anni dopo l'ultima delle sue venti vittorie, quella ottenuta a Melbourne con la Lotus, e soprattutto a undici anni esatti dal titolo mondiale conquistato con la Ferrari, l'ultimo del Cavallino, Kimi Raikkonen scrive e imbusta il suo biglietto ufficiale di addio a Maranello. Et voilà. Io a fine stagione andrò via, voi mi mandate via, però ecco la riprova: quando ho le scatole in giostra, quando rispolvero il vecchio talento, soprattutto quando non devo inchinarmi agli ordini di scuderia, io vinco. Questo il messaggio mandato dal finnico ferrarista senza parlare ma con le mani al cielo e in piedi sulla Rossa appena parcheggiata la sua SF71H nel parco chiuso di Austin. Niente occhiali stavolta, però le solite parole lapalissiane, «magari i tifosi sono più felici di me, grande week end e grande macchina» seguite dalla frase cult «sono più contento arrivando primo che secondo». E già. Verstappen dietro lui ed Hamilton terzo costretto a rimandare la festa mondiale a domenica prossima in Messico, sentitamente confermano.
Sesta vittoria della Rossa quest'anno, la crisi che pareva interminabile dopo Spa finalmente finita, punti recuperati nel mondiale costruttori e il desiderio dispettoso, almeno, di rinviare il più possibile il trionfo iridato tedesco e, soprattutto, un segno, importante, perché la Ferrari è tornata a vincere nel giorno esatto in cui, nel 2007, aveva vinto il suo ultimo titolo. Che sia di buon auspicio per il prossimo anno.
E dire che il mondiale era sembrato ufficialmente finito all'inizio del secondo giro quando Kimi aveva sorpassato su ultrasoft Hamilton al via e però Sebastiano Vettel era andato puntualmente in testacoda dopo l'ennesima toccata delle troppe avute quest'anno dal fenomeno imperfetto scambiato dalla Ferrari per nuovo Schumi. Una sola attenuante per il biondino germanico: anche l'enorme predecessore tedesco aveva i suoi bravi problemi in fase di duello e sorpasso. Però, che diamine: su tutto il resto, Michael era un computer di affidabilità. Amen. Il quinto mondiale e terzo di fila di Hamilton era sembrato andarsi implacabilmente ad appuntarsi sul suo petto dopo un giro e mezzo e dopo il tête-à-tête a suon di gommate tra Sebastiano e Daniel Ricciardo, il primo all'interno e il secondo all'esterno che tentava di riprendersi la posizione appena persa alla partenza. Sette giri dopo, l'australiano sorridente avrebbe parcheggiato la sua Red Bull ammutolita a bordo pista. A saperlo, povero Sebastiano...
Invece niente, invece la verità cruda e amara è che comunque vada a finire questo mondiale tenuto aperto dai gregari, vedi Raikkonen e vedi Bottas che ha difeso fino all'ultimo il compagno, sbarrando a Vettel la porta del quarto posto fino a due giri dal termine, comunque termini la stagione questo è un campionato che purtroppo è iniziato già finito. Solo che non lo sapeva nessuno.
Non lo sapeva Hamilton, non lo sapeva la Mercedes che aveva scodellato la solita ottima macchina però meno ottima del solito, non lo sapeva soprattutto la Ferrari che aveva finalmente messo in pista una grande, grandissima monoposto, ma che non aveva ancora compreso che il proprio pilota numero uno non brillava della grandezza che ne aveva accompagnato le gesta passate. Dirà: «Sono deluso della mia gara, sono deluso per aver deluso il mio team, ma non credo che il contatto sia stato colpa mia...». Amen.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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