«Tutto può cambiare in un attimo perché il judo è cadere e rialzarsi. Non una, ma sei, sette, mille volte». Come da proverbio giapponese, citato da Maria Centracchio, la judoka di Isernia arrivata a conquistare una medaglia alle ultime Olimpiadi (la prima individuale di sempre per il Molise).
La straordinaria avventura della molisana è diventata un libro intitolato «Cadi sette volte, rialzati otto» ed è stato scritto dal giornalista Antonino Morici, firma de La Gazzetta dello Sport, per Volturnia Edizioni. La Centracchio ha scelto una disciplina che sembra la metafora della vita: la storia di Maria, bronzo olimpico nei 63 kg a Tokyo, è stata infatti piena di ostacoli. Anche per questo, tra le quaranta medaglie vinte dall'Italia in Giappone, quella conquistata dall'atleta di Isernia è tra le più significative. Perché Maria, nonostante le avversità, non si è mai data per vinta. Si può guarire dal Covid e dalla mononucleosi, si possono superare infortuni ai legamenti del ginocchio e alle costole, si può recuperare da un intervento chirurgico al gomito e alla fine di tutto riuscire a prendere parte all'evento sportivo più importante del mondo. Di più: salire sul podio olimpico, dopo il cambio di categoria, da ultima nella lista delle qualificate ai Giochi. Una medaglia ottenuta da vera outsider.
Non male per una che definivano un'atleta senza talento, ma che ha dimostrato di possedere tanto cuore e carattere, fortificato nella palestra di famiglia, luogo in cui «i Centracchio» sono cresciuti a pane e judo. A darne testimonianza nella prefazione è l'amica e collega Odette Giuffrida, una delle judoka italiane più vincenti di sempre, pure lei sul terzo gradino del podio a Tokyo.
Ma come è riuscita a superare tanta sfortuna? Maria a un certo punto parla della sua «genetica molisana, quell'inspiegabile capacità del mio corpo di rigenerarsi in tempi brevissimi, un po' come è abituata a fare la mia regione, così piccola ma fiera e tenace». E che sa farsi valere, come aveva raccontato prima ai giornalisti a Tokyo e poi nel libro: «Perché il Molise esiste e mena forte. Lo avevo detto così, d'istinto. E quasi mi scappa da ridere perché capisco che è una frase perfetta per la meravigliosa terra che mi ha permesso di essere quello che sono».
Ovvero «una ragazza attaccata alla sua regione d'origine e con un modo di esprimersi sul tatami più tattico e fisico che prettamente tecnico».Il lieto fine prevale sulle difficoltà incontrate in carriera da una ragazza di un Sud italiano che combatte e si fa onore nel Tempio del judo.
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