La tregua olimpica può funzionare per fermare le guerre, ma certo non scalfisce il rigore proverbiale dei giapponesi, popolo che fa dell'etica e della inflessibilità nei comportamenti una bandiera che sventola sopra ogni cosa. Ministri che si dimettono facendo l'inchino davanti al parlamento, alti dirigenti industriali che lasciano il loro posto per un errore senza accampare alibi, esempi di un popolo che conosce la cultura del rispetto come pochi altri. Anche se poi, alle volte, si arriva addirittura all'eccesso. Ultimo esempio la tormentata cerimonia di apertura dei Giochi di Tokyo che va in onda alle 13 ora italiana (diretta su Rai Due) con tutte le precauzioni anti Covid, con le delegazioni delle squadre ridotte all'essenziale, senza la solita sfilata di governanti pavoneggianti di tutto il mondo, ridotti ai minimi termini anche questi e rappresentati su tutti dal presidente Macron, perché la Francia ospiterà le prossime Olimpiadi.
Ci sarà l'imperatore Naruhito, che ripeterà la formula di apertura dei Giochi come già suo padre Akihito a Nagano 98 e suo nonno Hirohito a Sapporo '72 e nella prima edizione di Tokyo olimpica, 57 anni fa, ma forse eviterà di usare, vista la pandemia mondiale, la parola «celebrare» (ieri, rivolto a Bach ha detto «per niente facile organizzare questi Giochi»). Non ci sarà invece chi ha ideato la cerimonia, perché in Giappone hanno scoperto che Kentaro Kobayashi, direttore artistico della serata, aveva fatto una battuta sgradevole sull'Olocausto in uno sketch di ventitré anni fa. Così, inflessibile e inevitabile, è scattato il provvedimento di licenziamento dell'incauto artista, che nel '98 certo non avrebbe mai immaginato di essere chiamato un giorno ad un compito così prestigioso. Poco importa se il povero Kobayashi si era subito pentito e scusato per lo scivolone; a Tokyo prima o poi tutti i nodi vengono al pettine, e Kentaro si è ritrovato a casa.
Pazienza se adesso il Comitato organizzatore dovrà trovare in fretta e furia un sostituto che faccia funzionare tutto alla perfezione in mondovisione, considerando anche che due giorni fa un altro artista, il compositore Keigo Oyamada, autore di alcune musiche che avrebbero dovuto accompagnare la cerimonia, si era dovuto dimettere perché sui social era stata ricostruita una storia di bullismo e abusi nei confronti dei compagni di scuola nei primi anni Novanta. Anche Oyamada, ovviamente, aveva già fatto ampia e pubblica ammenda, ma la morale nipponica non fa sconti. E il regista ha dovuto trovare in due giorni un compositore e una musica sostitutivi per non lasciare un imbarazzante buco nella serata.
D'altra parte, anche l'ex presidente del Comitato organizzatore Yoshiro Mori, aveva dovuto rassegnare le dimissioni in febbraio, mortificandosi davanti ai colleghi per aver detto che «le riunioni a cui partecipano troppe donne, in genere vanno avanti più del necessario». Accusato del sessismo più bieco, il dirigente ha dovuto togliere il disturbo velocemente, anche se ormai mancava poco tempo all'inizio dei Giochi.
Ma in Giappone non si scherza, nemmeno da ragazzi, figuriamoci se poteva essere perdonato un dirigente 83enne. Adesso ci si chiede che cosa ne sarà del copione ideato da Kobayashi per la serata inaugurale, ma da un Paese che ha inventato il harakiri, che cosa ci si poteva aspettare?
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