I pugni fanno male sempre. Anche quelli sul ring fra uomini abituati al combattimento. Figuratevi quelli fra un uomo e una donna. Gli ineffabili pensatori del Cio sono riusciti a combinare l'ennesimo pasticciaccio di questa Parigi 2024 su una vicenda facilmente risolvibile a suon di esami. E ne sconterà il peso (dei pugni) una pugile italiana. Domani Angela Carini, vispa napoletana di 25 anni, bella ragazza che ha amato la boxe seguendo la passione del padre, si troverà davanti un pugile (questo si) trans venuto dall'Algeria. Si chiama Imane Khelif e non ha certo colpe per essere stato ammesso, benché l'anno passato, ai mondiali, sia stato escluso, insieme ad un trans cinese, per non aver passato il test genetico. Per evitare il tutto bastava applicare i regolamenti di quel mondiale. Angela combatte fra i welters, dove i pugni cominciano a pesare di più e a svolazzare di meno. Capita anche fra i maschi: più sale la categoria, più il colpo si fa duro. La boxe ha insegnato a rispettare il rischio che corrono i pugili. Senza rinvangare morti e morti, capitano in qualunque sport, è vero che nella boxe sono state prese precauzioni che, solo 30 anni fa, non erano previste. Ecco perché mandare sul ring femminile un uomo, che l'anno passato non ha superato i test genetici, è un insulto ed una provocazione ai tentativi di rendere più sicura questa disciplina. Ne ha fatto cenno Matteo Salvini su X, ricordando le parole dell'atleta messicana che ha incontrato l'algerino in altra occasione: «I colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così in 13 anni di boxe, nemmeno contro sparring uomini». I messicani sul ring sono abituati a battaglie senza paura. Detta così c'è preoccuparsi. Ed è vero che questo è schiaffo all'etica dello sport.
Sempre che lo sport abbia ancora un'etica, non solo a parole. Ed è l'ennesimo svarione del Cio che sta cercando di ripulire per molti versi la boxe dilettanti. Ma, tra arbitri sciagurati e decisioni contro l'etica, fa più danni delle cavallette impazzite.
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