Contro il Monza ha vinto una volta sola su 6 incontri. Ma è stata quella più importante. Via i fronzoli, in schietto stile veneto: si bada al sodo, in campo e fuori. Per questo guai ad abusare della parola favola, per descrivere questo Cittadella. Che in semifinale playoff ha fatto fuori i biancorossi di Berlusconi e Galliani e che la serie B l'ha chiusa con il più alto numero di falli (111), di pali colpiti (19), di gol di testa (15) e di giocatori mandati a segno (18, al pari del Monza).
Di diverso, dai brianzoli, ha semmai avuto il monte ingaggi. Con la squadra di Fininvest che ha speso quasi 19 milioni di euro, restando dietro solo alla Spal. Dai rubinetti del Cittadella, invece, sono usciti poco più di 3 milioni di euro. Meno di chiunque altro. Sotto le mura del borgo padovano, trovare qualcuno che porti a casa più di 100mila euro l'anno è impresa non da poco. Enrico Baldini, 3 gol nella semifinale di andata a Brocchi e ragazzi, gli stipendi dei colleghi della B li vede tutti con il binocolo, se è vero che nelle sue tasche finiscono non più di 40mila euro. A gennaio era a Fano, in C. Stessa categoria da cui è stato pescato Daniele Donnarumma. Merito di Stefano Marchetti, direttore generale da due decenni a Cittadella, capace di setacciare le categorie minori e tra i desideri di emergere di chi non ha ancora potuto farlo. E merito di Roberto Venturato, il mister partito dal Queensland australiano e arrivato a trovare l'America calcistica proprio al Tombolato: quinto anno consecutivo ai playoff, record di partite giocate nella post season promozione per i suoi.
Un risultato ottenuto dopo che la scorsa estate erano stati nuovamente venduti i pezzi pregiati: Diaw al Pordenone, prima del trasferimento al Monza, Paleari al Genoa. Piedi ben saldi a terra, quando si tratta di far di conto, mai passo più lungo della gamba e direzione chiara da seguire. Così domenica ci si gioca la finale che nel 2019 vide i granata vincere 2-0 l'andata, salvo poi perdere la A con il 3-0 al ritorno contro il Verona. Ora un'altra sfida con le bandiere di San Marco che sventolano, in campo e dalle villette che circondano lo stadio, destinato a immediati lavori di adeguamento in caso di promozione in massima categoria. Se dovesse essere A, le casalinghe si giocherebbero a Treviso, più probabilmente a Padova. Ma prima c'è da superare il Venezia. Non un derby, perché il Cittadella non è il Vicenza e «perché noi siamo considerati la squadra di paese», confessa asciutto Davide De Marchi, il responsabile comunicazione della società nata nel 1973.
Una consapevolezza che non sa di autocommiserazione, ma che anzi è sinonimo del senso di appartenenza che ha cementato il gruppo. «Qui non ci sono stelle e si rema tutti dalla stessa parte». E la direzione è la serie A.
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