Mai più un altro Parma. Ma solo dal 2016-17

Quello che è successo a Parma non dovrà più accadere. Il consiglio federale ha deciso che adesso le società dovranno mettersi in regola, pagare gli arretrati, cancellare i debiti verso estero e dipendenti non tesserati. Ma non subito...

Mai più un altro Parma. Ma solo dal 2016-17

Ennio Flaiano scriveva: la situazione politica in Italia è grave ma non è seria. Per la proprietà transitiva, le parole del grande abruzzese sono attualissime per il calcio italiano. Il consiglio federale ha varato quella che Carlo Tavecchio ha definito una rivoluzione storica. Ormai si pesca a piene mani nella cesta degli aggettivi: epocale, storico, temerario. In breve: chi non ha i soldi non potrà sedersi al tavolo del casinò, come accade da sempre in qualunque casa da gioco, ma non del pallone, almeno quello nostrano. Il calcio è malato, il paziente va curato con gradualità anche se è moribondo, in alcuni casi defunto.

Quello che è successo a Parma non dovrà più accadere, come si diceva e si scriveva che quello che era successo negli anni passati, tra scommesse e partite addomesticate, sarebbe rimasto un episodio irripetibile.

Il consiglio federale ha deciso che adesso le società dovranno mettersi in regola, pagare gli arretrati, cancellare i debiti verso estero e dipendenti non tesserati. Ma non subito, perché altrimenti per il moriente sarebbe il tempo di allestire il funerale, si va di farmaci, sicuri di essere aiutati dal paziente. Soltanto tra un anno e, definitivamente nel 2017, la norma avrà valore totale, chi violerà non potrà operare sul mercato. Nell'attesa, chi vorrà la licenza dovrà presentare un convincente piano di rientro dai debiti. Parole.

La gradualità della tempistica e delle relative sanzioni serve a tutelare il campionato, evitando il fallimento di almeno la metà delle squadre iscritte e che attualmente vivono acute sofferenze contabili. Sulla trasparenza di alcune proprietà circolano troppe voci, non tutte maligne, sullo stato di solvibilità di altre aumentano i dubbi, l'arrivo di nuovi investitori, a Milano, a Roma, ultimi a Bologna, non ha affatto allontanato le nubi. La riduzione da 20 a 18 squadre in serie A potrebbe essere un primo passo verso la bonifica ma le chiacchiere restano a zero.

Come reagiranno i club? Come reagiranno i presidenti alla prossima assemblea della Lega di serie A? Saranno tutti d'accordo ad accettare e recepire la mission della federcalcio? Chi è il garante di questa rivoluzione storica? Chi controllerà? Gli stessi che non hanno controllato finora? Chi si assumerà il compito di denunciare il problema prima che questo esploda come a Parma?

Non mi fido del sistema Italia, i lavori per Expo, fuori e dentro la fiera, ne sono un esempio grottesco, dunque non mi fido del sistema calcistico italiano, soprattutto dei suoi interpreti. Perché chi sbaglia non paga, chi ha generato questa malattia resta stabilmente al proprio posto e detta anche il compito in classe. Carlo Tavecchio ha ricordato che l'Italia da otto anni è in recessione, l'ultimo report di Deloitte & Touche, sullo stato finanziario dei club europei, è disarmante: nel 2001 avevamo cinque club tra i primi dieci come solidità finanziaria, oggi la prima delle italiane, la Juventus, è al decimo posto, perdendo una posizione rispetto all'anno scorso, così come il Milan. La crisi tecnica è figlia di una crisi organizzativa e di gestione ma nessuno dei responsabili ha pagato per questi errori, trascinando l'immagine e la sostanza del nostro calcio in una situazione critica.

Resta però il rischio alto che nei prossimi mesi possano presentarsi un qualunque Manenti & Ghirardi pronti ad assicurare bonifici, investimenti e a urlare contro il potere oscuro del palazzo.

Avranno un anno di tempo per circolare liberamente nei nostri stadi, prima di essere smascherati. Mi auguro che così non accada più ma la speranza non ha nulla a che fare con i conti e i bilanci. Soprattutto nel calcio.

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