I l calcio, facendo leva sulla volontà, alias alibi, di risolvere internamente i suoi problemi, ha ritrovato nella giornata di ieri un minimo di compattezza ribellandosi all'idea di farsi commissariare dal Coni e di finire nelle mani di Malagò. «Una invadenza intollerabile, uno sciacallaggio politico», aveva urlato in conferenza stampa Tavecchio che, giocando d'anticipo, nelle vesti di commissario della Lega di A, ha inserito l'elezione del presidente nell'assemblea convocata alle ore 11 di lunedì. Nel frattempo la Lega di B, in programma giovedì, dovrebbe nominare Balata alla sua guida.
Di questa situazione ha preso atto Malagò che, subito dopo le dimissioni di Tavecchio, aveva indetto una Giunta urgente proprio con l'intento di affondare il colpo sul pallone che rotola. Poi ha dovuto cambiare idea lasciando campo ai legali del Coni che, allineandosi al parere dei consulenti pallonari, non avrebbero ritenuto giustificata e giustificabile una scelta così drastica. Ascoltate le sue parole: «Il commissariamento, se ci sono gli estremi, è un atto dovuto. Altrimenti non ci sarà e non sarà un fatto gravissimo. Al momento stanno valutando la situazione gli esperti, magari sarà preferibile aspettare cosa succede dopo le assemblee delle Leghe. Oltre al tema sostanziale, c'è un aspetto formale che va rispettato, in caso contrario si rischia un autogol». E ancora: «Io commissario? Non credo. Ho un'agenda troppo piena. E poi devo seguire la spedizione azzurra ai Giochi invernali. Ci penserà eventualmente qualcun altro». Per la cronaca è uscito fuori il nome dell'immarcescibile Luca di Montezemolo.
Di tutto ha voglia Malagò fuorché di confrontarsi con la giustizia ordinaria e sportiva in seguito ai ricorsi già in baionetta di coloro che si appellerebbero a un eventuale atto di forza del Coni nei confronti della Figc. E poi, si domandano in molti, perché non s'è comportato alla stessa maniera nei confronti di altre federazioni, come quella d'atletica leggera, che hanno fatto peggio della federcalcio? Perché ha salvato Giomi, mentre s'è accanito contro Tavecchio? E perché ha convocato d'impeto la Giunta invece di aspettare le decisioni delle Leghe di A e B? E' vero che il calcio ha un'incidenza mediatica e popolare superiore a qualsiasi altro sport, ma è altrettanto vero che il numero uno dello sport italiano non può avere due pesi e due misure.
Contro il commissariamento s'è pronunciato anche Sibilia, presidente dei Dilettanti e senatore di Forza Italia, l'uomo che ha indotto Tavecchio a dimettersi quando gli ha comunicato di non poterlo più appoggiare. Lui che gli aveva fatto da stampella alle elezioni, s'è tirato indietro nel momento più delicato. E ora che potrebbe candidarsi alla presidenza, non vuole correre il rischio che l'intromissione del Coni cambi all'improvviso i pesi delle Leghe nel consesso federale. Dove i Dilettanti contano più d'un terzo.
Toccherà quindi a Tavecchio, a meno di ulteriori giri di valzer, gestire la federcalcio nei prossimi 90 giorni. Al riguardo lo statuto della Figc è chiaro laddove demanda al presidente decaduto o all'eventuale vicepresidente il compito di svolgere l'ordinaria amministrazione e di convocare l'assemblea elettiva in tempi urgenti.
Sulla vicenda è intervenuto anche l'ex presidente del Milan Berlusconi: «Le dimissioni di Tavecchio e l'allontanamento di Ventura erano scelte inevitabili. Sarebbe però sbagliato ritenerli i soli colpevoli. Il calcio in Italia è da anni molto debole e le responsabilità sono di tanti. L'esclusione dai mondiali è un danno grave per l'immagine dell'Italia non solo per lo sport, ma anche per la moda, il turismo e tutti i prodotti italiani in genere. Non possiamo più permettercelo».
Insomma, anche l'ex premier certifica la fotografia desolante della situazione.
Si parla di tutto ad eccezione di come risanare un calcio malato dalle fondamenta, ovvero di un programma, un progetto, una strategia. Si abusa di frasi fatte come rivoluzione culturale, cambio di passo e via dicendo. Ma sotto il vestito per ora non c'è niente. Neanche un re, più o meno nudo.
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