Elena Fanchini si definisce fortunata. Valle a spiegare che avere un tumore a 33 anni, doversi operare e sottoporre a sedute di chemioterapia non è una gran fortuna, ma no, lei insiste: «sono stata fortunata», manco avesse vinto una gara per un centesimo grazie a una folata di vento. Parli con questa donna e capisci perché tutti insegnano che pensare positivo, sorridere sempre ed essere ottimisti è il trucco per stare davvero bene. Elena Fanchini è una sciatrice azzurra, specialità discesa e superG. Ha coraggio Elly, sulla neve e nella vita. E quando all'inizio dell'anno, dopo i forti mal di pancia accusati fra il 29 e il 30 dicembre, le è stata diagnosticata «la malattia», lei ha reagito consolando chi le stava attorno, soprattutto Nadia, la sorella compagna di nazionale, «che è tanto sensibile». Aveva paura, Elena, che Nadia si deconcentrasse pensando al peggio e invece no, «proprio pochi giorni dopo la diagnosi mi ha regalato quello storico podio (il primo per lei dopo quasi due anni di digiuno e dopo l'ennesimo infortunio della carriera, ndr) nella discesa di Bad Kleinkirchheim: prima Sofia (Goggia), seconda la Fede (Brignone) e terza lei, grandissima!».
Il fatto è che le sorelle Fanchini (in nazionale e in coppa del mondo c'è stata anche Sabrina, la più piccola, ritiratasi due anni fa) sono forti, fortissime anzi, nulla le abbatte o le frena. «Pensavo che rompersi un legamento del ginocchio fosse una brutta cosa, ma ora so che quello è niente. All'Humanitas ho visto cose davvero brutte e tristi, per questo insisto a definirmi fortunata. Il fatto è che non ho mai pensato di essere malata, ho sempre sorriso e soprattutto ho sempre creduto che sarei tornata a sciare, come avevo promesso a tutti appena i medici mi hanno detto quel che avevo in corpo». Eccolo il segreto di Elena: «Avere un obiettivo è importante», è tutto anzi, e lo sport in questo aiuta tantissimo, perché lì si va avanti per obiettivi, un passo alla volta, e quando va male un vero campione non si tira indietro, continua a crederci e a provarci. «Ora non so come finirà, faccio uno sport pericoloso, la discesa libera non sono le bocce, ma conosco bene il mio corpo e lo so ascoltare, se sentirò che a dicembre non sarò in grado di gareggiare lascerò stare, o magari aspetterò ancora un po'. A 33 anni però il tempo non è dalla mia, ma io intanto sono felice di essere tornata ad allenarmi con la squadra, le compagne mi hanno accolto con emozione. Ritrovarle è stato bellissimo, mi erano davvero mancate».
E lei era mancata a loro, felici allo Stelvio di rivedere la Elly di sempre, come se niente fosse successo. «Le sensazioni sugli sci sono state buone, del resto non mi ero mica rotta niente, rientrare dopo un infortunio è molto peggio, stavolta non mi ero quasi fermata, non dovevo recuperare e non avevo male da nessuna parte». La sua visione ottimistica esce ancora una volta dalle sue parole e il messaggio che Elena vuole mandare al mondo è chiaro e forte: «Lo sport è una benedizione. Essere atleta fa la differenza, aiuta a non arrendersi, a pensare positivo, la voglia di tornare in gara mi ha fatto vivere la malattia nel modo giusto. La testa in certe situazioni conta tantissimo e tutti dovremmo avere un sogno da realizzare, nello sport o nel lavoro non conta, e la parola tumore, che fa tanta paura, si deve e si può sconfiggere. Poi lo so, ognuno ha la sua storia, c'è gente che lotta ma non ce la fa, ma fino alla fine non bisogna arrendersi, mai».
E allora avanti Elena, con la grande famiglia sempre attorno, mamma e papà, i primi tifosi, capaci di partire da casa alle due di notte per andare a vedere le gare delle figlie in ogni angolo delle Alpi, e poi le sorelle, Nadia, come lei fra le migliori al mondo da oltre un decennio, e Sabrina, «che è la più piccola ma si è sposata prima di me, che sono fidanzata da dodici anni!».
Ma Denis può attendere, ora Elena ha un appuntamento a Lake Louise, Canada, dove nel 2005 conquistò la prima delle sue due vittorie in coppa del mondo e dove otto mesi fa sfiorò il podio nella prima discesa della scorsa stagione, conclusasi per lei anzitempo. «Vorrei indossare di nuovo un pettorale di gara il prossimo 30 novembre». Volere è potere, non lo sapevate?
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